Da quando è stata annunciata l’entrata in vigore del nuovo Dpcm, in diverse piazze siciliane è esplosa la rabbia dei lavoratori. Catania, Vittoria, Messina, Siracusa, Pachino, Palermo: queste sono solo alcune delle città in cui, negli scorsi giorni, esercenti, piccoli imprenditori, baristi, ristoratori, titolari dei locali, sono scesi in piazza contro il governo nazionale e regionale.

“Tu ci chiudi, tu ci paghi” – è questo lo slogan che ha accompagnato i vari presidi e cortei in giro per la Sicilia. Il nuovo decreto a firma Conte, infatti, ha imposto la chiusura di tutti i locali alle 18:00, senza prevedere alcun sostegno economico ai titolari e ai lavoratori.

“La salute prima di tutto. Siamo d’accordo; ma qui se non moriremo di Coronavirus, moriremo di fame. Ci sta bene che si chiuda tutto, se questo serve a contenere la diffusione del virus, ma prima si approvi una manovra finanziaria che faccia arrivare i soldi immediatamente a chi non potrà più lavorare” – afferma Giovanni Siragusa, giovane palermitano che fino a qualche mese fa lavorava in un bar di famiglia che ha dovuto chiudere battenti definitivamente durante il Lockdown.

La situazione è drammatica. Molte attività hanno chiuso; altre, invece, nonostante la crisi economica, erano riusciti a riaprire. Per loro le nuove misure restrittive rappresentano una seconda mazzata, probabilmente quella definitiva.

Intanto su Facebook è apparso un gruppo dal nome: “Tu ci chiudi, Tu ci paghi. La Sicilia non molla” Creato qualche ora fa, ha già raggiunto centinaia di iscrizioni soprattutto da parte di esercenti palermitani che hanno deciso di costruire un vero e proprio fronte comune per ottenere subito reddito e indennità e contemporaneamente la sospensione delle tasse, degli affitti e delle bollette.

L’appuntamento in cui far confluire tutti – anche lavoratori delle palestre, artisti, musicisti, teatranti; tutte attività a cui è stata imposta la chiusura attraverso il Dpcm – è fissato per domani, 28 ottobre, alle 18 a Palermo, presso i Quattro Canti (incrocio tra Corso Vittorio Emanuele e Via Maqueda). Da qui i manifestanti si sposteranno verso Piazza Indipendenza per raggiungere Palazzo d’Orleans, sede della Regione.

I manifestanti si stanno rivolgendo a gran voce anche al presidente Musumeci, che nelle ultime ore è apparso in TV e sui giornali. In particolare, ieri il presidente, ospite al Tg2, ha affermato di aver riunito la sua giunta per chiedere al Governo centrale il potere di deroga alle disposizioni del Dpcm. Dice di voler spostare la chiusura dei locali alle 23.

“Ci è giunta notizia che la provincia autonoma di Bolzano ha accolto solo in parte il Dpcm e ha modificato le misure che non riteneva opportune. Lì dal giorno stesso della entrata in vigore del nuovo decreto, i bar chiudono alle 20 invece che alle 18 e i ristoranti possono stare aperti fino alle 23. In più i teatri e i cinema sono aperti e possono contenere fino a 200 persone. Se già adesso in Trentino Alto Adige fanno come vogliono, perché noi stiamo ancora aspettando il permesso dai signori a Roma? Chiediamo al Presidente, se ha intenzione di schierarsi dalla parte dei siciliani, di utilizzare lo Statuto Autonomo e chiediamo a tutti i palermitani di scendere in piazza domani, alle 18:00, al nostro fianco” – conclude Giovanni.

L’assessore alle Attività Produttive, Leopoldo Piampiano, insieme ad altri assessori al ramo di diversi comuni italiani, è tra i firmatari di una lettera inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte e, per conoscenza al Ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri, al Ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli ed al Ministro del lavoro e delle politiche sociali Nunzia Catalfo.

“Le situazioni emergenziali – scrivono gli assessori – possono creare pericolose disfunzioni tra istituzioni e cittadini: il rischio di vanificare qualsiasi impegno profuso a tutti i livelli a causa di scenari critici deve essere scongiurato attraverso profonde saldature tra Governo, Istituzioni locali e Comunità.

A tal fine, i rilievi sulle misure di supporto alle attività economiche già forniti da ANCI – ristori celeri per le categorie colpite, cassa integrazione efficace ed interventi fiscali – sono del tutto condivisibili e rappresentano un assioma determinante affinché i Comuni, quali enti locali preposti alla tutela e al presidio dei territori, possano gestire le criticità sociali ed economiche di cui siamo tutti testimoni.

I presupposti di coesione nazionale che si erano spontaneamente creati nella primavera passata – conclude la nota – rischiano ora di degenerare in conflittualità razionali ed irrazionali: solamente un timing preciso degli aiuti ed una armonizzazione tra Stato e Comuni sulle strategie da adottare potrà evitare scenari critici per le istituzioni”

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