I giudici della terza sezione penale della Corte di appello di Palermo, presieduta da Antonio Napoli, hanno confermato la condanna, emessa dai giudici del tribunale di Agrigento lo scorso 6 dicembre, – a dieci anni e 8 mesi – nei confronti del trentaseienne Gianluca Scaccia, di Canicattì (in provincia di Agrigento), accusato di tentato omicidio nei confronti di Vincenzo Curto, 33 anni, ex marito della sua nuova compagna.

L’uomo, secondo quanto accertato dal processo, avrebbe tentato di riallacciare una relazione con la donna, provocando la gelosia di Scaccia, difeso dall’avvocato Angela Porcello.

Curto è stato raggiunto alle gambe e al fianco dai colpi di una pistola detenuta illegalmente da Scaccia che ha sparato al “rivale” davanti alla propria abitazione, in campagna, dove furono ritrovate delle ogive. L’agguato è avvenuto il 22 giugno 2017 nei pressi di contrada Montagna.

Scaccia era stato rinviato a giudizio nel giugno 2018. Il pastore si è sempre professato innocente. Il suo legale ha annunciato ricorso in Cassazione.

Lo scorso settembre, un ragusano è stato arrestato per aver tentato di cavare un occhio al rivale in amore.
Entrambi avevano avuto una relazione sentimentale con la stessa donna ma uno dei due, N.F. non l’avrebbe mai digerita. E così, secondo quanto ricostruito dalla polizia di Ragusa, dopo averlo incontrato l’altro spasimante, 50 anni, lo avrebbe aggredito a colpi di bottiglia: un pezzo di vetro è finito nell’occhio della vittima che rischia di perderlo anche se è stato sottoposto ad un intervento dei medici del reparto Oculistica dell’ospedale di Ragusa.
L’aggressore, nonostante la vittima fosse a terra, l’avrebbe colpita con calci e pugni, poi, per fortuna, le lesioni non hanno causato altri guai fisici al cinquantenne, trasportato nella struttura sanitaria.

Sono scattate le indagini da parte degli agenti della Questura che hanno identificato il presunto responsabile, arrestato con l’accusa di lesioni aggravate. Sono state le immagini delle telecamere di sicurezza ad incastrare l’indagato che è finito in carcere.