L’Irccs Oasi di Troina individuata come partner di un importante progetto di ricerca per identificare nuovi biomarcatori che potrebbero consentire di diagnosticare precocemente la malattia di Alzheimer in persone con Sindrome di Down.

L’iniziativa si inserisce nell’ambito di un bando di ricerca finalizzata del Ministero della Salute e che vede come capofila l’Irccs Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna (ISNB). Proprio all’interno di tale bando, l’ISNB è stato finanziato per un importo di 450 mila euro, e per questo progetto si è voluto avvalere della collaborazione, per le qualificate competenze e  conoscenze su questi specifici settori, dell’Irccs Oasi di Troina (Direttore Scientifico Dr. Raffaele Ferri).

L’Istituto troinese si occuperà del reclutamento di campioni biologici in soggetti con Sindrome di Down presso il Dipartimento dei Laboratori (Dr.ssa Grasso, Gruppo di ricerca del Prof. Filippo Caraci dell’Università di Catania) effettuando le analisi biomolecolari su target specifici (in particolare la via del TGF-β1) in campioni biologici di plasma e linfociti, al fine di identificare nuovi biomarcatori di deterioramento cognitivo nella Sindrome di Down.

Il reclutamento avverrà  nell’UOC di Pediatria e Genetica Medica (Responsabile Dr. Corrado Romano) con la supervisione della Dr.ssa Concetta Barone. Il progetto di ricerca è coordinato da Maria Giulia Bacalini, giovane ricercatrice e responsabile del Laboratorio di Brain Aging dell’ISNB.

La medicina ha migliorato di molto la qualità di vita delle persone con Sindrome di Down, aumentando anche l’aspettativa di vita, che oggi può superare i 60 anni. Tuttavia, la maggior parte di questi adulti è soggetta ad un invecchiamento precoce, con rischio elevato di sviluppare la malattia di Alzheimer già attorno ai 40 anni.
La Sindrome di Down comporta non solo un’elevata incidenza di ritardo mentale, ma anche un aumentato rischio di sviluppare malattia di Alzheimer.

L’obiettivo dei ricercatori è anticipare la diagnosi dal momento che i criteri clinici attualmente disponibili non sono sufficienti, per poi permettere di implementare interventi terapeutici mirati al fine di ritardare e limitare gli effetti della neurodegenerazione.

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