Secondo il tribunale del Riesame Mario Li Castri, l’ex dirigente dell’area tecnica del Comune, coinvolto nell’inchiesta “Giano Bifronte”, sul presunto giro di mazzette all’Edilizia privata non andava arrestato.

Il tribunale del Riesame, dopo un annullamento con rinvio da parte della Cassazione, ha infatti annullato l’ordinanza di custodia cautelare con la quale il 3 marzo scorso l’imputato era finito agli arresti domiciliari. Adesso è libero.

I giudici hanno accolto le tesi degli avvocati Marcello Montalbano, Giovanni Immordino e Andrea Bellafiore, dopo un lungo iter. L’arresto era stato infatti confermato in prima battuta dal Riesame, ma poi la Suprema Corte aveva disposto che la decisione venisse rivista.

Oggi un nuovo collegio del tribunale ha di fatto sancito che non vi fossero i gravi indizi colpevolezza necessari per mandare ai domiciliari l’ex funzionario di Palazzo delle Aquile.

Già da ottobre la misura cautelare era comunque scaduta per decorrenza dei termini e Li Castri era sottoposto soltanto al divieto di dimora a Palermo. Adesso torna completamente libero.

Per lui, l’11 gennaio, inizierà il processo, dopo la richiesta di giudizio immediato del procuratore aggiunto Sergio Demontis e dei sostituti Giovanni Antoci ed Andrea Fusco, che hanno coordinato le indagini della guardia di finanza.

Sul banco degli imputati ci saranno anche Giuseppe Monteleone, già dirigente dello Sportello unico delle Attività produttive, l’architetto Fabio Seminerio, gli ex consiglieri comunali Giovanni Lo Cascio (già capogruppo del Pd e presidente della commissione Urbanistica del Comune), e Sandro Terrani, all’epoca capogruppo di Italia viva, membro della commissione Bilancio, ma anche i costruttori della Biocasa srl, Giovanni Lupo e Francesco Lo Corte, Agostino Minnuto, direttore dei lavori di un cantiere della Biocasa e l’architetto Giovanna D’Attardi, compagna di Monteleone, che dalla Biocasa avrebbe avuto diversi incarichi.

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