Economia siciliana a rischio disastro più di quanto non lo sia nel resto del Paese. Fra Cassa integrazione ordinaria, straordinaria, in deroga e covid la perdita di produzione rischia di diventare irreversibile. A denunciarlo sono i numeri,s convolgenti, della crisi analizzata dalla Cgil

Lo studio

Nel 2020 l’andamento economico in Sicilia ha subito un forte peggioramento, con un aumento del 1.306,87% delle ore di cassa integrazione autorizzate dall’Inps: da 9.979.450 (Cig più ore di Fis – fondi di solidarietà) del 2019, a 140.397.420 del 2020: 92.304.698 ore di Cig (ordinaria, straordinaria e in deroga) più 48.092.722 ore dell’assegno ordinario dei fondi di solidarietà.

E’ quanto emerge dall’indagine presentata oggi dalla Cgil Sicilia sull’andamento degli ammortizzatori sociali in Sicilia nel 2020, sul lavoro andato perduto e sull’impatto dei decreti ristori, realizzato per conto del sindacato dal Centro studi nazionale Lavoro e Welfare, presieduto da Cesare Damiano.

La perdita di produzione

“Oltre l’8% dei lavoratori siciliani sono fuori dal ciclo produttivo – ha detto il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino – un’assenza completa di attività produttiva per oltre 67mila lavoratori, di cui oltre 4.500 in Cigs (cassa integrazione straordinaria), 19.200 in Cigd (cassa integrazione in deroga), 20.500 in Cigo (Cassa integrazione ordinaria) e oltre 23.100 nei Fondi di Solidarietà (Fis)”. In base alle ore di Cig totali “si sono perse 17.549.678 giornate lavorative – afferma la componente della segreteria Cgil Sicilia, Monica Genovese – I lavoratori parzialmente tutelati dalla Cig in questi 12 mesi hanno già perso complessivamente nel loro reddito oltre 398 milioni di euro al netto delle tasse, mentre un singolo lavoratore in Cig a zero ore per tutto il periodo, ha visto ridursi il proprio reddito di oltre 5.900 euro al netto delle tasse”.

La cig autorizzata dall’Inps

Nello stesso anno, sempre il 2020 l’Inps ha autorizzato 4 miliardi e 329 milioni di ore di cassa integrazione, vale a dire +1.467% rispetto all’anno precedente. Ore che corrispondono a piu’ di due milioni di lavoratori fuori dalla produzione. Perse 526 milioni di giornate lavorative: 11 miliardi e 300 milioni di euro, al netto delle tasse, in meno di stipendi.

Il dato, che si riferisce alle ore autorizzate dall’Istituto nazionale di previdenza e non a quelle realmente consumate, che sono circa la metà.

I rischi dallo stop al blocco dei licenziamenti

“Avere un milione di posti di lavoro a rischio in assenza di cassa integrazione, ci deve far riflettere – ha detto Damiano – Questa tutela, insieme al blocco dei licenziamenti, va sicuramente prolungata oltre il mese di marzo’.