La Corte Suprema indiana ha ordinato la chiusura di tutti i procedimenti giudiziari nel Paese a carico di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, i due Marò coinvolti nella morte di due pescatori indiani nel 2012. Lo ha riportato il giornale indiano, in lingua inglese, The Hindu.

La Corte Suprema indiana aveva rinviato la chiusura del caso lo scorso 19 aprile perché l’indennizzo di cento milioni di rupie – circa 1,1 milioni di euro – che l’Italia doveva versare alle famiglie delle vittime non era stato ancora depositato. A quanto pare, quindi, il denaro è arrivato.

I due militari erano accusati di aver ucciso nel 2012 due pescatori indiani, al largo delle coste del Kerala. I fucilieri, che erano impegnati in una missione antipirateria a bordo della nave commerciale italiana Enrica Lexie, videro avvicinarsi il peschereccio Saint Antony e, temendo un attacco di pirati, spararono alcuni colpi di avvertimento in acqua. A bordo della piccola imbarcazione, però, morirono i due pescatori Ajeesh Pink e Valentine Jelastine, e rimase ferito l’armatore del peschereccio, Freddy Bosco.

Dopo un lungo contenzioso, nel luglio del 2020 il tribunale internazionale dell’Aja, che aveva riconosciuto «l’immunità funzionale» ai fucilieri, aveva stabilito che la giurisdizione sul caso spettava all’Italia e aveva disposto il risarcimento alle famiglie delle vittime.

Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, su Twitter ha scritto: «Chiusi tutti i procedimenti giudiziari in India nei confronti dei nostri due Marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. Grazie a chi ha lavorato con costanza al caso, grazie al nostro infaticabile corpo diplomatico. Si mette definitivamente un punto a questa lunga vicenda».

Fabio Anselmo, avvocato del fuciliere LaTorre, all’Ansa ha detto: «A Massimiliano è stata sempre negata la possibilità di dire la sua verità e la sua versione dei fatti, ma a breve Massimiliano potrà essere sentito dai pm della Procura di Roma, nei confronti della quale abbiamo la massima fiducia, e lì non ci sarà nessun segreto militare che tenga».