Non avrebbero temuto nemmeno i carabinieri. Le minacce dei pusher arrestati oggi a Palermo arrivavano perfino a chi indossava la divisa. Intimidazioni e tentativi di “ammorbidire” i controlli dell’Arma nel rione Passo di Rigano. È quanto emerge dall’inchiesta “Chartago” che alle prime ore di stamani ha portato all’arresto di 12 persone, indagate, in concorso tra loro, per produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti. Sei sono finite in carcere, altrettante ai domiciliari. La base di spaccio era la villetta davanti all’istituto comprensivo Michelangelo Buonarroti.

Il carabiniere minacciato dal pusher: ‘Ci ho parlato io’

Ad occuparsi di “ammorbidire” i controlli dei carabinieri nel quartiere sarebbe stato Antonino Sileno, intercettato mentre diceva ad Enrico Barone, considerato uno dei personaggi chiave dell’inchiesta: “Ci ho parlato io. Sta venendo qua a parlare con me, ti giuro a mia madre – diceva a Barone – glielo dico: ‘Tu quando fai servizio a Passo di Rigano, ti do il mio numero e mi devi avvisare”. E poi lo informava: “Ci ho parlato e l’ho registrato ora appena salgo ti faccio sentire, dice che lui non c’entra niente”.

In pratica voleva essere avvisato in caso di blitz. Il carabiniere però tagliò corto e denunciò tutto.

La relazione di servizio del Carabiniere

L’episodio è finito nella sua relazione di servizio: “Dopo avermi chiesto se fossi il carabiniere soprannominato ‘Spada‘, provava a chiedermi i motivi del mio astio nei suoi confronti dei ragazzi di Passo di Rigano, tenendo a precisare che tale Enrico è un bravo ragazzo e non fa nulla di illecito. Aggiungeva che aveva preso l’iniziativa in via amichevole e che si era permesso in quanto lui è originario della mia stessa borgata, dove suo padre risiede ancora e che il suo fine non era altro che quello di spiegarmi che loro sono dei bravi ragazzi in maniera tale che io potessi ‘ammorbidirmi’ nei loro confronti, magari anche chiamandolo ed avvisandolo quando in servizio avrei dovuto lavorare nella sua zona. Interrompevo immediatamente la conversazione precisando che il suo comportamento poteva ravvisare anche dei reati e che non avrebbe mai più dovuto permettersi di avvicinarmi, aggiungendo che io avrei continuato a svolgere il mio lavoro come ho sempre fatto e che avrei immediatamente avvisato chi di competenza dell’accaduto”.

Il pestaggio dello spione: “Massacralo subito!”

Un altro episodio che emerge dall’inchiesta di oggi è l’uso della violenza. A febbraio 2019, quando fu arrestato Mirko Orefice si diffuse tra i pusher il sospetto che fosse stato per colpa di “un figlio di arrusa che gli ha detto dove l’ho preso e che gliel’ho data io”, cioè un cliente spione.

Tale cliente sarebbe stato poi rintracciato e pestato da Enrico Barone con altri ragazzi. Barone diceva a Pietro Pizzurro: “È con suo padre, appena scende dalla macchina massacralo subito“. A un altro raccontò: “Oggi abbuscò buono, lo sai? Gli ha fatto la spiata a Mirko (Orefice, ndr), è stato lui! Ti giuro abbuscò lui e suo padre in piazza, a Mirko l’ha fatto arrestare lui, fu lui lo spione”.

I nomi dei 12 arrestati

Con l’operazione denominata ‘Carthago’ i carabinieri di Monreale sono riusciti a fare luce su una fiorente attività di spaccio di cocaina, crack, hashish e marijuana messa in piedi nel quartiere Passo di Rigano.

In carcere sono finiti i palermitani Samuele Azzara, 25 anni, Enrico Barone, 27 anni, Mirko Orefice, 23 anni, Domenico Pizzurro, 27 anni, Pietro Pizzurro, 22 anni e Giuseppe Scalisi, 35 anni.

Ai domiciliari Giuseppe Aiello, 30 anni, Davide Di Bella, 25 anni, Alberto Mangia, 30 anni, Salvatore Pizzuto, 23 anni, Antonino Sileno, 26 anni, e Vincenzo Spina, 35 anni.

 

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