Uccise paziente mentre la trasportava dall’ospedale a casa per poter guadagnare sul servizio aggiuntivo di vestizione del deceduto. Torna in carcere Agatino Scalisi, 46 anni di Adrano, su disposizione della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Catania.

Il provvedimento dopo la condanna

Il provvedimento di custodia cautelare dopo il pronunciamento nei giorni scorsi della corte d’assise che ha condannato in abbreviato in primo grado Scalisi a 30 anni per omicidio volontario pluriaggravato ed estorsione aggravata e continuata in concorso. Per lui anche l’aggravante della modalità mafiosa per conto del clan “Mazzaglia-Toscano-Tomasello ”, attivo nel comune di Biancavilla, e del clan “Santangelo”, attivo nel comune di Adrano, considerati entrambi articolazioni locali della organizzazione mafiosa “Santapaola-Ercolano” di Catania.

La ricostruzione

Ad eseguire la misura cautelare sono stati i carabinieri della compagnia di Paternò. Scalisi è finito sotto inchiesta nell’ambito dell’operazione “Ambulanza della morte”, dal cui processo è scaturita non solo la sua condanna ma anche l’ergastolo per il coimputato Garofalo Davide. Secondo la ricostruzione della Procura distrettuale, imperniata essenzialmente sulle dichiarazioni dei testimoni e dei parenti delle vittime e condivisa dal giudice, i malati sarebbero stati uccisi durante il trasporto con ambulanza privata dall’ospedale di Biancavilla alle rispettive abitazioni, tramite iniezioni di aria per via endovenosa da parte degli addetti alle ambulanze.

L’episodio contestato

Scalisi, che aveva scelto il rito abbreviato, è stato condannato per un solo episodio di omicidio commesso ai danni di un’anziana signora gravemente malata, trasportata il 5 aprile del 2014 dall’ospedale di Biancavilla alla propria abitazione dove giunse già deceduta, mentre Garofalo è stato già condannato dalla corte d’assise di Catania per tre diversi episodi di omicidio aggravato. Entrambi sono stati inoltre condannati per estorsione aggravata commessa in concorso ai danni della ditta di onoranze funebri dei fratelli Giuseppe e Luca Arena, poi divenuti testimoni di giustizia.

Il perché degli omicidi

Secondo l’impostazione accusatoria gli imputati incrementavano il loro guadagno, svolgendo anche il servizio di vestizione delle persone decedute, e percependo un importo aggiuntivo di circa 200-300 euro. Come si è detto, inoltre, il Gup ha condannato Scalisi per estorsione, aggravata e continuata in concorso, commessa ai danni dei titolari dell’agenzia di pompe funebri di proprietà dei fratelli Luca e Giuseppe Arena, ai quali secondo l’accusa veniva imposto di cedere l’utilizzo gratuito e la gestione di un’autombulanza intestata a uno dei fratelli, minacciando gli stessi in modo implicito sia di cagionare gravi danni ai beni aziendali dell’agenzia, che di porre in essere ritorsioni personali.

I motivi della custodia cautelare

Nel provvedimento di custodia cautelare emesso, il Gip ha evidenziato oltre all’estrema gravità dei fatti, anche la circostanza che lo stesso Scalisi, nel corso del processo e sino al 2020 aveva continuato, senza alcuna autorizzazione o abilitazione sanitaria, ad effettuare trasporti di malati a bordo di mezzi non idonei. Il 46enne è stato rinchiuso nel carcere di Catania “Bicocca”.

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