Gabriella, una studentessa trans di Palermo che frequenta l’istituto professionale per parrucchieri nei pressi di corso Calatafimi, si è vista precludere l’accesso al bagno delle ragazze. “Tu tra le gambe hai quella cosa. I maschi sporcano quando vanno al bagno, mentre le ragazze no”. Le hanno detto chiudendole la porta del bagno delle ragazze.

“Non mi sento a mio agio”

Un episodio che ha toccato profondamente Gabriella che, dopo lo scontro con un bidello, medita di lasciare questa scuola. Queste le sue parole: “Non mi sento a mio agio, non mi trattano per quello che sono: una ragazza”, spiega.

Diciotto anni, capelli lunghi e neri, borsetta al braccio. Con l’account Instagram pieno di selfie. Insomma, una giovane come tante, tantissime coetanee.
Tre anni fa ha iniziato il lungo iter per il cambio di genere tra sedute di psicoterapia e farmaci. Oggi è in attesa che i tempi siano maturi per sottoporsi all’operazione definitiva.

La preside “La ragazza sta cercando visibilità”

Dall’istituto nei pressi di corso Calatafimi, la preside commenta: “Penso che la ragazza stia cercando visibilità e l’ho detto chiaramente anche a lei e a sua madre quando è venuta per chiarire. A parte la questione dei bagni non ha mai ricevuto alcuna discriminazione. Il bidello che l’ha fermata non intendeva offenderla ma stava solo agendo nel rispetto delle lamentele mosse dai genitori di altre studentesse che ci hanno fatto sapere che non gradiscono che le loro figlie vadano nello stesso bagno in cui va un uomo”.

Le altre ragazze sono circa 150. Il tutor, come racconta Gabriella, le ha sempre permesso di andare nel bagno delle ragazze anche perché “siamo in epoca di Covid e nei posti chiusi come le toilette ci si va una alla volta per evitare i contagi”.

“Alcune studentesse si sono lamentate in casa”

Successivamente, però, “alcune delle studentesse si sono lamentate in casa, forse appartengono, lo ammetto, appartengono a famiglie bigotte – continua la preside – tuttavia dobbiamo tutelarle, non possiamo permetterci che vadano via. E poi allo stato dei fatti sui documenti è ancora Gabriele”.

Per la legge italiana è un maschio

Sulla carta d’identità di Gabriella c’è ancora il dead name, quello che le hanno dato quando è nata, Gabriele. Sarà così fino a quando, a transizione conclusa, potrà presentare in tribunale la domanda di riassegnazione di genere anagrafico e un giudice stabilirà che potrà cambiare nome. Fino ad allora, per qualsiasi regolamento, legge italiana compresa, Gabriella è un maschio.

Gabriella è prossima all’intervento

Nel frattempo, tuttavia, lei è già Gabriella nel suo sentire e allo specchio. “Il mio aspetto esteriore corrisponde già a come mi sento dentro. Sono prossima all’intervento”, racconta.

Tra le mani tiene i documenti che attestano la sua disforia. Questa è una condizione che l’Organizzazione mondiale della sanità identifica come un forte malessere dovuto all’incongruenza tra sesso biologico e identità di genere.

Terapie ormonali da assumere per la vita ed una serie di interventi chirurgici per il cambio del sesso sono la via per rimettere ogni cosa al proprio posto.

“Sono una ragazza, non voglio andare nel bagno dei maschi”

Però, spiega Gabriella “Sono una ragazza. Non voglio andare nel bagno dei maschi. Per me non è non è di certo un gioco, né è carnevale. Prendo i farmaci necessari, sono seguita da un endocrinologo, vado alle sedute con lo psicologo. Combatto ogni giorno per affrancarmi come ragazza nata nel corpo sbagliato”.

Quando, davanti a tutti, le hanno detto “Tu tra le gambe hai quella cosa” si è sentita male. “Mi hanno anche detto che i maschi sporcano quando vanno al bagno, mentre le ragazze no – racconta ancora – Devo davvero spiegare agli estranei in che posizione sto al gabinetto?”.

Era tornata a scuola da poco

Di recente, aveva lasciato gli studi, in modo da affrontare in famiglia la presa di coscienza sulla sua identità di genere. Il giorno dello scontro con il bidello era uno dei primi dal rientro con il nuovo aspetto. Dice ancora la preside: “La conosciamo da quando era Gabriele, speriamo di poter arrivare con lei a un compromesso e che Gabriella possa tornare a studiare. Sarebbe un peccato se non terminasse il percorso scolastico”.

Ma lei è determinata: “Tornerò quando verrò trattata per quella che sono. In questa fase del mio percorso è fondamentale che mi si riconosca come donna”.

All’università introdotta la carriera alias

Intanto, negli atenei di molte città italiane si lavora per costruire degli spazi inclusivi. All’Università di Palermo come altrove è già stata introdotta la carriera alias, ovvero la possibilità di essere identificati negli spazi dell’ateneo con il nome e il genere di elezione anche senza aver concluso l’iter di cambiamento di sesso. In alcuni licei sono presenti anche bagni “no gender” o “neutral” per una cultura della parità.