Protesta davanti al Tribunale di Siracusa degli ex lavoratori dei supermercati Gemar, al centro di una procedura fallimentare dopo il crack della società che gestiva 4 punti vendita a Siracusa.

Le ragioni degli ex dipendenti Gemar

Gli ex dipendenti, 60 in tutto, da mesi sono senza stipendi, secondo quanto raccontato da uno di loro, hanno ricevuto un acconto a settembre ma, emolumenti a parte, c’è il futuro a tinte fosche. I manifestanti sostengono che se fossero licenziati avrebbero la possibilità di accedere alla disoccupazione ma la gestione della società non è più nelle mani dei proprietari bensì del curatore fallimentare, nominato dal Tribunale.

Lavoratori nel limbo

Allo stesso tempo, gli ex lavoratori Gemar non prendono in considerazione l’ipotesi di un licenziamento pilotato da loro stessi perché, a loro dire, sarebbero esclusi da un possibile assorbimento da parte di un nuovo gestore che intendesse subentrare.

L’inchiesta

Secondo i magistrati della Procura di Siracusa ed i militari della Guardia di Finanza, nel corso della procedura fallimentare, sarebbero emerse  “delle condotte distrattive dei soci e dei loro familiari, i quali avevano asportato un ingente quantitativo di merce e denaro contante”. Da qui il sequestro dei soldi, circa 130 mila euro nella disponibilità della famiglia Barcio, coinvolta nel procedimento della Procura di Siracusa.

Il dissequestro dei soldi

I soldi, però, nelle settimane scorse, sono stati dissequestrati dai giudici del Tribunale del Riesame di Siracusa che hanno accolto il ricorso della difesa, rappresentata dagli avvocati Bruno Leone, Antonino Leone e Costantino Vinci.

Le motivazioni del Riesame

Secondo quanto emerge nelle motivazioni del Riesame, innanzitutto, “il decreto risulta carente sotto il profilo della motivazione della finalità probatoria”.

Cosa avrebbe dovuto fare la Procura

Nel pronunciamento dei giudici emerge che “la finalità probatoria avrebbe potuto essere quella di verificare la corrispondenza, seppur approssimativa, del denaro rinvenuto nella disponibilità degli indagati e dei loro familiari con l’ammontare del denaro prelevato dalle casse, a seguito dello storno degli scontrini e dei passaggi bancomat effettuati dagli indagati”.

Inoltre, i giudice del Riesame spiegano che “di tale attività di indagine da espletare per verificare la corrispondenza sopradescritta, non vi è traccia nel decreto, tanto che non risultano sequestrati nè i registratori di cassa, né risultano effettuate verifiche in ordine agli scontrini annullati ed i pagamenti risultanti dai bancomat intestati agli indagati”.