La peste suina fa paura anche agli allevatori siciliani. La diffusione della malattia in Italia può compromettere le attività di migliaia di aziende di produzione, macellazione e distribuzione di carne suina, con la perdita di migliaia di posti di lavoro e nocumento alla salute dei cittadini e rappresenta un pericolo sempre più concreto.

L’allarme di Legacoop Sicilia

Le infestazioni già presenti in alcune regioni del Nord Italia fanno presagire una diffusione molto veloce, alla quale va posto subito un rimedio sanitario, logistico e finanziario.

Legacoop Sicilia, insieme alla Cooperativa Opan di Rocca di Caprileone, già nel luglio scorso, aveva avanzato una proposta che prevedeva la stipula di un protocollo di cattura per i suidi selvatici presenti nel parco dei Nebrodi. Proposta che potrebbe essere estesa a tutta l’isola.

I rischi per l’uomo

Sono, infatti, i suidi selvatici la causa principale della diffusione, proprio perché incontrollati e quindi non sottoposti ad alcuna cura e tutela sanitaria. La situazione attuale rappresenta un rischio reale di trasmissione, diffusione e persistenza di alcune patologie classiche come tubercolosi e morbo di Aujesky ed emergenti com’è, appunto, la peste suina africana che tiene con il fiato sospeso tutto il comparto suinicolo europeo.

«Per questi motivi come Legacoop Agroalimentare Sicilia sosteniamo che bisogna intervenire immediatamente attuando una serie di misure idonee a contenere il rischio di diffusione della pericolosa malattia», osserva Filippo Parrino, presidente di Legacoop Sicilia.

Le proposte per risolvere il problema in Sicilia

La proposta di Legacoop Agroalimentare Sicilia si sintetizza nei seguenti tre punti:

  • Raccolta con le gabbie di tutti i suidi selvatici o inselvatichiti e la successiva verifica sanitaria con abbattimento e smaltimento delle carcasse infette;
  • Sovvenzioni dirette e immediate per sostenere le spese di attuazione del piano di biosicurezza negli allevamenti;
  • Blocco dell’attività venatoria, perché motivo di diffusione e contagio.

La situazione è molto critica per le aziende e per la salute pubblica – conclude Parrino – per questo motivo facciamo appello alle Istituzioni Regionali, ovvero Assessorato Sanità, Assessorato Agricoltura e Istituto Zooprofilattico, affinché si intervenga subito».

Commissione Agricoltura Senato apre indagine

“La peste suina africana sta destando molta preoccupazione e per questo la Commissione agricoltura ha ritenuto opportuno aprire con urgenza un affare sul tema: un’indagine dedicata ad affrontare a tutto tondo il problema, iniziando con una serie di audizioni, che si concluderà con una risoluzione della Commissione e l’avviamento dei lavori necessari”. Lo annuncia in una nota la componente della Commissione Agricoltura al Senato Donatella Agostinelli (M5s).

“Anche la Regione Marche si è mobilitata ad affrontare l’emergenza in stretto collegamento con il Ministero della Salute, attivando l’Unità di crisi a seguito dei primi contagi comprovati in Piemonte e Liguria”, ricorda Agostinelli.

16/20mila cinghiali a rischio

Si stima che siano tra 16 mila e 20 mila i cinghiali a rischio peste suina nei 114 Comuni lungo lo spartiacque appenninico tra Liguria e Piemonte in cui un’ordinanza ministeriale ha vietato per sei mesi le attività di trekking, mountain bike, raccolta funghi, caccia e pesca, “bisogna evitare che il virus faccia il salto dal selvatico all’allevamento suinicolo, un settore da 100 mila occupati in Italia, che vale dai 7 ai 9 miliardi euro”. Lo spiegavano nei giorni scorsi il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, il direttore dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Angelo Ferrari e il responsabile del servizio veterinario di Alisa Roberto Moschi, al termine di un tavolo di confronto con il sindaco della Città metropolitana Marco Bucci annunciando una prossima ordinanza regionale con la quale si fornisce a cittadini e sindaci un vademecum su ciò che si può fare o meno.

Sono 36 i Comuni liguri coinvolti dall’ordinanza ministeriale in un territorio che va da Albissola a Recco, Genova compresa.

“Entro un paio di settimane i ministeri della Salute e delle Politiche agricole ridisegneranno l’ordinanza sia per quanto riguarda il perimetro sia eventuali deroghe. – spiega Toti – Mercoledì 19 gennaio la Regione Liguria varerà un’ordinanza regionale al fine di dare ai cittadini e ai sindaci un vademecum su ciò che si può fare o meno. Non si può escludere che un cinghiale infetto possa accedere a luoghi non interdetti. Entro tre settimane sarà completato il piano di monitoraggio ivi compreso un piano di abbattimento selettivo dei capi, che dovrà poi essere autorizzato dalla Comunità europea e dal Governo – è la road map illustrata dal presidente Toti – Abbiamo già chiesto al Governo una serie di risarcimenti per le attività colpite dai divieti posti in essere”.

Il primo caso di peste suina in Italia è stato individuato il 5 gennaio scorso a Ovada, in Piemonte. Al momento in Liguria ne sono stati accertati otto. Il virus ha un’estensione territoriale che va dalla Cina al Belgio, è in corso uno studio sul sequenziamento del genoma per comprenderne l’origine.

Centinaio, troppi cinghiali nel nostro Paese

“In questo momento il problema è un problema di cinghiali, senza fare polemiche ma in puro spirito costruttivo dico che sono anni che le Regioni e il nostro ministero delle Politiche Agricole comunicano al ministero dell’Ambiente e della Salute che ci sono troppi cinghiali in Italia”, ha detto Gian Marco Centinaio, sottosegretario all’Agricoltura, a 24 Mattino su Radio 24.
“Sono anni che ormai che la situazione del numero della fauna selvatica nel nostro Paese è fuori controllo – ha aggiunto – ed è da controllare e tenere in considerazione perché in altri Paesi lo stanno facendo”.

“Stiamo istituendo una task force interministeriale che coinvolgerà ministero delle Politiche Agricole, ministero dell’Ambiente, il ministero della Sanità e le regioni interessate”. Così Gian Marco Centinaio, sottolineando: “Siamo abbastanza sereni in questo momento perché veramente molto circoscritta”.

“Abbiamo chiesto al ministero degli Esteri di prepararsi – ha aggiunto – perché, quando è successa la stessa cosa in Germania, la Merkel era intervenuta immediatamente con tutti i Paesi importatori di carne tedesca tranquillizzandoli. Quindi chiederemo, da un lato al ministro degli Esteri e da un lato al presidente del Consiglio, nel momento in cui saremo tutti sereni e tranquilli e avremo risolto la situazione. Spero nelle prossime ore di rassicurare i paesi importatori”.

Allarme export

I casi di peste suina africana (Psa) riscontrati nei giorni scorsi in alcuni cinghiali tra Piemonte e Liguria hanno attivato misure precauzionali alle frontiere di Svizzera, Kuwait e in Oriente (Cina, Giappone e Taiwan) dove è stato dato un temporaneo stop, ha annunciato Confagricoltura, all’import di carni e salumi made in Italy. In ballo esportazioni, secondo stime Cia-Agricoltori Italiani, che si attestano su 1,7 miliardi di euro (+12,2% vs. 2020).

“L’ordinanza firmata era inevitabile per rassicurare i produttori e l’export. Ora occorre senz’altro ragionare su dei ristori per il settore turistico che potrebbe essere colpito dai divieti delle zone interessate”. Lo ha dichiarato il ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli in merito alla necessità di interventi di sostegno e ai provvedimenti presi la scorsa settimana per contrastare il diffondersi della peste suina.

Ristori

Misure economiche immediate per sostenere le imprese danneggiate dall’epidemia di peste suina, garantendo al tempo stesso attraverso il Ministero degli Esteri i Paesi importatori di carne suina circa la salubrità delle produzioni made in Italy. Sono queste oggi le priorità del Governo per fronteggiare l’emergenza nel settore suinicolo, come ha puntualizzato il sottosegretario al ministero delle Politiche agricole, Francesco Battistoni.

“Assicuro che continueremo a vigilare sull’evolversi della situazione”, ha precisato il sottosegretario, nel rilevare come “un’azione tempestiva e coordinata di controllo risulti fondamentale per avere maggiori probabilità di contenere il contagio; la diffusione della malattia, soprattutto nelle fasi iniziali, può dipendere dalla densità delle popolazioni di cinghiali, oltre che dalla presenza di corridoi che consentono di superare eventuali barriere geografiche”. Ed è proprio la gestione del sovrappopolamento a preoccupare le deputate democratiche Antonella Incerti e Susanna Cenni, secondo le quali è indispensabile anche un’iniziativa coordinata delle regioni confinanti con le aree colpite del Piemonte e della Liguria.

“Bisogna intervenire subito per evitare che in Toscana si verifichino casi”, fa sapere il sottosegretario di Stato ai Rapporti con il Parlamento, Deborah Bergamini, mentre il vicepresidente di Regione Liguria e assessore all’agricoltura Alessandro Piana denuncia che “non si può vivere in continua emergenza e sottostare a certe logiche animaliste, cercando poi ristori economici al mondo rurale come unica risposta”. In Umbria e nelle Marche al momento non sono stati segnalati casi ma è massima allerta. Intanto la Commissione agricoltura del Senato ha deciso di aprire un’indagine per affrontare a tutto tondo il problema, iniziando con una serie di audizioni da concludersi con una risoluzione con l’avviamento dei lavori necessari.

Anche l’influenza aviaria

Ma è allarme anche per l’influenza aviaria. Sono 306 i focolai che da ottobre hanno interessato gli allevamenti di pollame da carne, soprattutto in Veneto e Lombardia, con 13-14 milioni di capi abbattuti per fermare l’avanzata dell’epidemia.
Un danno per le imprese, stimato dalla Coldiretti in 500 milioni di euro, che va ad impattare soprattutto sulle realtà più piccole, tanto che Confagricoltura ha chiesto alle banche la sospensione delle rate dei finanziamenti in scadenza e le trasformazione a medio-lungo termine delle esposizioni. “E’ una fase difficile ma transitoria, contiamo di tornare alla normalità entro qualche settimana”, fa sapere all’ANSA il presidente di Unaitalia Antonio Forlini, “il picco è stato toccato a dicembre mentre ora registriamo un rallentamento dei contagi, senza alcun nuovo focolaio. Ovviamente a fronte di un calo della produzione alcune aziende associate hanno fatto ricorso alla cassa integrazione”.

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