E’ stato condannato a cinque anni di carcere padre Vincenzo Esposito, il sacerdote di 64 anni, originario di Caltavuturo, ma assegnato alla parrocchia di San Feliciano Magione (Perugia), accusato di prostituzione minorile perché avrebbe preteso da quattro sedicenni prestazioni sessuali a pagamento attraverso delle videochiamate. La sentenza è stata emessa dai giudici del Tribunale di Termini Imerese presieduti da Vittorio Alcamo. Dieci, venti, trenta euro al massimo, questo avrebbe versato il prete ad alcuni ragazzini per vedersi in chat a sfondo sessuale o ricevere video osé.

L’arresto

Esposito era stato arrestato dai carabinieri ad agosto dell’anno scorso, insieme alla madre di una delle presunte vittime che, secondo l’accusa, avrebbe lucrato sulle prestazioni del figlio, pretendo una tangente di 5 o 10 euro sulle somme che il ragazzo avrebbe ricevuto dal prete.

Come era nata l’inchiesta

L’inchiesta era nata per caso, quando i militari avevano captato alcune telefonate, tra aprile e luglio dell’anno scorso, nell’ambito di un’altra indagine. Esposito, quando venne arrestato esercitava il ministero in provincia di Perugia, ma in passato era stato non solo a Termini Imerese, ma anche al Buccheri La Ferla. Le vittime assistite dagli avvocati Francesco Paolo Sanfilippo, Giuseppe Canzone e Caterina Intile, sarebbero stati tutti in una condizione di disagio economico e avrebbero utilizzato il denaro ricevuto in cambio delle chat a sfondo sessuale per comprare sigarette, tagliarsi i capelli o banalmente andare a mangiare una pizza con la fidanzata. Come emergeva dall’ordinanza di custodia cautelare per il prete ogni momento sarebbe stato buono per guardare – anche contemporaneamente – gli adolescenti in atteggiamenti intimi, prima di una messa, ma anche subito dopo aver celebrato un funerale.

L’avvocato difensore del prete ha già preannunciato appello.

Le intercettazioni: “Facciamolo in tre, vi mando 20 euro”

“Sei la mia vita, don Vincè”, “ti voglio bene” e “sono innamorato pazzamente”, così avrebbero detto le presunte vittime al sacerdote, e sarebbero state sempre pronte per una videochiamata proprio perché – sostiene la Procura – avrebbero avuto bisogno di soldi. E non avrebbero esitato ad insultare l’imputato, chiamandolo “cornuto” o “testa di minchia”, quando avrebbe ritardato i pagamenti.

“Stamattina ti ho messo 30 euro, ora metterò 20 anche perché carissimo sono tre, non è che è uno solo… C’è tuo fratello, quello ha portato un amico di cui non ho visto nulla, sappilo, perché non si vedeva, però lui dice di fargli un regalino comunque”, affermava l’imputato il 24 aprile dell’anno scorso, e aggiungeva: “Tre sono già 60, più 30, non è che posso spendere 100 euro al giorno”.

“A me piacerebbe fare l’amore con te e lui insieme, non l’ho mai fatto in tre”, diceva Esposito in una conversazione dell’11 maggio. E uno dei ragazzini gli rispondeva: “Lo faremo allora, padre Vincè” e poi aggiungeva: “Mi aiuta allora oggi? Padre Vincè, non è che mi può mandare 50 euro per favore?”. Il sacerdote replicava: “Ti ho detto che ti mando 30 euro perché 20 li ho promessi al nostro caro”. Il ragazzo insisteva: “Ma con questi mi sta facendo il regalo di compleanno… Io lo so che lei me lo fa, lo so che mi vuole bene, amunì, padre Vincè, la mia vita sei! Sei la mia vita!”. L’imputato allora chiedeva: “Senti, ma ti fai vedere un attimo? Ti voglio vedere…”.

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