“Ho ancora un senso di ingiustizia dentro al cuore, ma al tempo stesso ho sempre avuto coscienza di appartenere a una famiglia politica. Con la politica che ha a che fare con la vita e con la morte, non con la televisione. Uno sa sempre qual è la sua responsabilità. E quando magari non lo capivo, mio padre me lo ricordava”.  Con queste parole il senatore Stefania Craxi ha ricordato, in un’intervista a Talk Sicilia, la figura di suoi padre.

Una bambina con lo zainetto e i volantini del PSI

Da bambina con lo zainetto andava in giro per Milano a distribuire i volantini del Partito Socialista Italiano. Questo è stato il ’68 di Stefania Craxi: “Mi sono sentita parte di una comunità. Per me il Partito socialista era una comunità. Craxi era, oltre che mio padre, il capo della mia comunità. Il sabato e la domenica difficilmente uscivo con i miei amici. Preferivo andare con lui e con i suoi amici e frequentare quella comunità, perché mi piaceva, perché sentivo il largo respiro della storia. Ecco perchè oggi il fiato corto della cronaca non mi appassiona. Era bellissimo”.

Mio padre mi ha insegnato a essere una donna libera

“Però ero anche mio padre e mi ha insegnato la libertà” – continua Craxi  che continua così:  “Ero comunque una bambina, una ragazzina libera. A vent’anni me ne vado di casa ma ho continuato a seguirlo. Era una scelta e volevo che lui lo capisse. Quindi decido di andarmene di casa, ma continuo a seguirlo perché mi piaceva. E poi, la politica è una signora che siede a tavola con la famiglia. Forse era anche l’unico linguaggio attraverso cui poter entrare in comunicazione con mio padre”.

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