Prende il via la tre giorni del Festival del giornalismo enogastronomico, l’evento dedicato al giornalismo e all’enogastronomia, che si svolgerà dal 30 settembre al 2 ottobre, a Galati Mamertino, caratteristico borgo nel cuore dei Nebrodi.

Ad aprire il Festival tanti ospiti d’eccezione, produttori locali, rappresentanti della GDO, ma anche giornalisti provenienti da tutta la Sicilia.

Passione, prodotti di qualità e tutela del consumatore

Il primo dibattito ha riguardato il nuovo modello commerciale portato avanti dal marchio Coop Gruppo Radenza, che ha colto un’opportunità legando la propria società a una delle catene alimentari più amate e che oggi propone un nuovo modello di business, che ha un’anima sì commerciale, ma anche sociale e culturale.

A parlane Giuseppe Spadaro (Direttore Gruppo Radenza – Coop) e Giovanni Pagano (Direttore dell’A.S.C.C. – Coop), insieme al giornalista Nino Amadore.

Spadaro ha ribadito l’importanza strategica del ruolo della Gdo nel fornire con orgoglio prodotti siciliani di qualità e nella promozione del territorio. La ricerca dell’eccellenza, unita alla forte passione sono gli aspetti che contraddistinguono il marchio Coop in Sicilia.

Pagano ha ribadito l’attenzione e l’impegno costante dell’Associazione Siciliana Consumatore Consapevole, a tutela del diritto di acquisto del cliente finale per un consumo sempre più consapevole e attento alle tematiche sociali e ambientali.

“Giornalismo futuro, il futuro del giornalismo”

A scandire la seconda parte della giornata il dibattito sul futuro del giornalismo alla presenza di Biagio Semilia (editore di BlogSicilia), Giacomo Di Girolamo (giornalista Tp24.it, Rmc 101 e socio dell’Associazione Network), Giulio Francese (Consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti) e Alfredo Pecoraro (Presidente Associazione Stampa parlamentare ARS).

Per Giacomo Di Girolamo oggi si fa un gran parlare di social e di qualità del giornalismo, ma ciò che serve oltre a editori lungimiranti è un giornalismo fatto bene, un giornalismo che utilizzi i nuovi strumenti digitali e le tecnologie per restare al passo con i tempi, un giornalismo perché no lento, che non segua l’ultima ribattuta, sulla stregua dell’esperienza di Slow News.

Per Biagio Semilia oggi ci troviamo in presenza di un “giornalismo deprecato”, che non riesce a raggiungere le fasce giovanili. Ecco perché è sempre più necessario utilizzare le nuove tecnologie per rivolgersi a target profilati, agire sull’empowerment del personale giornalistico online e puntare sulla creatività e sull’accuratezza dell’informazione.

Se prima la concorrenza era tra le singole testate, oggi la concorrenza è sul singolo link. Un link buttato via allontana il lettore. È, pertanto, fondamentale secondo l’editore un ascolto attento dell’utente, dei suoi gusti, senza tralasciare nemmeno una segnalazione. Il grande assente oggi è l’istituzione, che ragiona sempre secondo una logica distributiva, senza una visione di lungo periodo.

Alfredo Pecoraro ha ammesso come i giornalisti non siano adeguatamente preparati a questo cambiamento epocale, che sta vivendo l’informazione. “La società è cambiata, il giornalismo è cambiato e noi non facciamo altro che rincorrere i social”. Il vero giornalismo, oggi, lo fanno i freelance, i reporter, che vanno per strada a raccontare e spiegare il mondo. La sua ricetta è dunque quella di “alzare l’asticella della qualità”.

Infine, l’intervento di Giulio Francese, che ha sottolineato come l’informazione stia soffrendo da molto tempo. Oggi contano i like, la qualità del giornalismo è scaduta, i tagli sono sempre più frequenti, per non parlare poi del precariato. Insomma, “non si sa bene quale sia la ricetta per uscire da questa palude”, quel che è certo è che occorre puntare su “impegno, rigore e professionalità”. “Andare, vedere, raccontare”: questo è quello che dovrebbe fare, secondo Francese, un giornalista.

Obiettivo: fare rete e puntare sulla digitalizzazione

La terza e ultima parte della giornata si è concentrata sul fare impresa e sulle azioni da intraprendere per promuovere i nostri territori, soprattutto quelli ai margini.

Francesco Calanna, Presidente del Gal Nebrodi Plus, ha chiarito quali sono secondo lui le 4 chiavi dello sviluppo. Prima fra tutte la digitalizzazione. Su questo fronte sono in ritardo sia le imprese, che la pubblica amministrazione.

Altra chiave strategica è la transizione ecologica. Il cambiamento climatico, le alluvioni, gli uragani, il dissesto idrogeologico ci impongono di ripensare il rapporto dell’uomo con l’ambiente e il territorio.

Un altro tema fondamentale è quello delle infrastrutture. Come possono le imprese svilupparsi, se mancano le infrastrutture?

Infine, la quarta chiave dello sviluppo è la transizione energetica, su cui ci giochiamo la scommessa del futuro.

Secondo Calanna bisogna attrezzarsi prima, non solo quando vengono toccate le tasche degli imprenditori. Una soluzione utile potrebbe, per esempio, essere la costituzione delle comunità energetiche.

La ricetta di Dario Pistorio, Presidente FIPE Confcommercio Sicilia, è quella di agire secondo un’ottica progettuale, di sistema. Il mondo della ristorazione è cambiato, è cambiato il modo di raccontarlo e gli imprenditori sono degli artigiani del gusto, ma non dei veri imprenditori.

Eppure, “l’enogastronomia è il biglietto da visita per i turisti. Ecco perché occorre fare rete e formare il personale, professionalizzando il lavoro dei ristoratori”. L’apprendistato, le scuole di formazione possono aiutare a far crescere l’intero settore.

Giovanni Messina ha raccontato la sua esperienza personale. Avvocato palermitano, che ha deciso di lasciare la professione e di comprare un caseificio. Un’attività che ha rimesso a nuovo, attraverso una brillante strategia di marketing e puntando su prodotti di alta qualità.

L’imprenditore ha ribadito come oggi in Sicilia fare impresa sia difficile, ma al contempo molto gratificante. “Dobbiamo essere custodi del nostro territorio, frutto di una stratificazione di millenni che dobbiamo preservare”.

L’obiettivo è “creare aggregazione” e studiare sempre nuove soluzioni, anche grazie alle nuove tecnologie.

L’urbanista Marcel Pidalà ha sottolineato come la disposizione geografica non uniforme dei Nebrodi (aree costiere dove trovano spazio meravigliosi agrumeti, il tessuto collinare degli uliveti e il sistema montano del noccioleto e del castagneto) abbia creato non poche difficoltà ai produttori locali.

Nonostante i tanti casi di successo di imprenditori, che hanno creato le proprie economie di scala, ci troviamo di fronte a “territori fragili”, dove sono carenti i collegamenti infrastrutturali e mancano strumenti digitali e di comunicazione adeguati.

La questione da porsi allora è “Verso dove vogliamo andare? Come dobbiamo crescere?”. Il rischio, se non sapremo rispondere a tali domande e progettare il territorio, è quello di vedere andar via tante menti brillanti, ancora una volta a scapito della nostra isola.

 

 

 

 

 

 

 

 

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