La droga arrivava da Napoli grazie alla camorra in stretto contatto con i clan della mafia Catanese. Collegamenti che sono emersi nell’ambito delle indagini sfociate all’alba di oggi con la retata antimafia scattata all’alba nel Catanese che ha portato a 24 indagati. Sono accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso in quanto appartenenti ai clan Cursoti Milanesi e Cappello-Bonaccorsi, estorsione, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illecita di armi da sparo, ricettazione, danneggiamento, tutti reati aggravati dalla finalità di agevolare l’associazione mafiosa di appartenenza.

La filiera di approvvigionamento

Gli inquirenti hanno anche ricostruito la filiera di approvvigionamento dell’organizzazione. La cocaina proveniva da Napoli, ad essere stati individuati anche i fornitori partenopei in alcuni pregiudicati del clan camorristico Sautto-Ciccarelli di Caivano. In particolare, è stato ricostruito anche con specifici riscontri il traffico di cocaina sull’asse Campania-Sicilia, nell’ambito del quale sarebbe stato delineato il ruolo degli indagati Lorenzo Cristian Monaco e Luigi Scuderi, affiliati al clan Cappello-Bonaccorsi, che avrebbero agito quali trafficanti di cocaina in joint venture col clan camorristico di Caivano.

Diversi sequestri

In tale quadro sono stati effettuati più sequestri di sostanza stupefacente, tra cui quello relativo all’arresto del “corriere” napoletano Salvatore Sanges il 29 luglio di tre anni fa, trovato in possesso di 3 chili di cocaina destinati al mercato catanese. “Le indagini – sostengono gli inquirenti – hanno ribadito la conclamata pericolosità dei membri del clan mafioso dei Cursoti Milanesi che si dotavano di armi per presidiare il loro territorio e difendere i loro affari criminali da eventuali ingerenze da parte di gruppi mafiosi rivali, assicurandosi in tal modo l’apporto militare necessario a sostenere il confronto con gli altri gruppi malavitosi cittadini”.

Le armi rinvenute

Durante l’attività investigativa sono state sequestrate alcune delle armi in dotazione all’associazione criminale, tra cui un fucile mitragliatore Ak 47, completo di confezione di 50 cartucce calibro 7,62×39, due pistole ed un fucile a canne mozzate.

Infine, l’indagine ha accertato che parte dei proventi erano destinati al mantenimento degli affiliati detenuti e delle loro famiglie di cui i capi del clan si erano fatti carico. A tal proposito, nel corso dell’attività è emersa anche la consuetudine, da parte delle famiglie mafiose più rappresentative del panorama catanese, di allestire bische clandestine con investimenti comuni e destinarne gli illeciti proventi al sostentamento dei detenuti di maggior rango.

Le attività di ricerca degli indagati

Per le vaste ed articolate attività dinamiche sul territorio finalizzate a rintracciare arrestare i destinatari delle misure cautelari, la squadra mobile della questura di Catania è stata coadiuvata dallo Sco, il servizio centrale operativo e ha agito sotto il diretto coordinamento della direzione centrale anticrimine della polizia di Stato che ha inviato nel capoluogo etneo diversi equipaggi del reparto prevenzione crimine. Non è mancata la partecipazione di unità della locale questura e delle sue articolazioni e unità specializzate come la polizia scientifica, reparto mobile e anche un elicottero del reparto volo.

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