Ieri, martedì 6 dicembre, eccetto l’opposizione più oltranzista (il MoVimento 5 Stelle su tutti), la politica ha gradito quanto detto al Senato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio sul tema delle intercettazioni, ovvero che il Governo Meloni si prodigherà per “una profonda revisione” della disciplina che le regola, promettendo rigore per chi le utilizzerà come “strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica”.

Tuttavia, le affermazioni di Nordio non sono piaciute, per cominciare a Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM): “Siamo un Paese dove la criminalità organizzata è estremamente radicata, le intercettazioni rappresentano uno strumento di contrasto importantissimo”, spiega aggiungendo che il governo “dice di voler contrastare la corruzione. Poi però vuole limitare le intercettazioni. Dare un taglio alle intercettazioni non è un buon servizio alla lotta alla corruzione”.

Perplesso anche Nino Di Matteo, consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura. L’ex pm antimafia ha commentato: “Non capisco come si possa ignorare che, anche grazie alle intercettazioni, sia stato possibile: individuare responsabili e moventi di stragi e altri gravissimi delitti che hanno messo in pericolo la nostra democrazia; siano stati evitati numerosi altri omicidi; siano stati individuati, sequestrati e confiscati ingenti patrimoni illeciti; sia stato possibile scoprire i responsabili di gravi reati contro donne, anziani e minori; ricostruire gravi vicende corruttive, così come collusioni e contiguità mafiose di politici, amministratori, imprenditori ed esponenti infedeli delle istituzioni”.

E ancora: “Ignorare questi incontestabili dati di fatto potrebbe portare ad un pericoloso depotenziamento di uno strumento di indagine che si è rivelato fondamentale per la ricerca della verità e la tutela della legalità nel nostro Paese”.

Insomma, si prospetta già una ‘battaglia’ tra Nordio e la magistratura italiana.