Voleva tornare ad Agrigento dopo tanti anni di servizio in tante località italiane. La domanda di trasferimento di un poliziotto era stata accolta dal ministero dell’Interno. Ma il questore di Agrigento lo bloccò con un parere negativo.

Alcuni parenti dell’agente di polizia avrebbero compiuto reati e con questi precedenti avrebbero potuto nuocere all’immaggine e al prestigio della polizia di Stato. Contro questo provvedimento il poliziotto assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza ha presentato ricorso al Tar di Palermo.

Il pronunciamento del Tar

I giudici amministrativi hanno accolto la richiesta di sospensiva e dato il via libera al trasferimento. Come hanno dimostrato i legali del poliziotto “i pregiudizi a carico dei parenti del proprio assistito – affermano  gli avvocati -riguardavano soggetti in alcuni casi deceduti da tempo ed in altri soggetti residenti al di fuori della provincia di Agrigento.

Efficacia sospesa

I giudici hanno sospeso l’efficacia della revoca del trasferimento dell’agente Agrigentino, condannando l’amministrazione al pagamento delle spese di lite. Pertanto, per effetto del provvedimento cautelare reso dal Tar l’agente di polizia potrà riprendere servizio ad Agrigento”.

Un pronunciamento anche sull’Arma

Alla fine dello scorso anno altra sezione del Tar si era pronunciata su un’altra vicenda riguardante forze dell’ordine e nello specifico, in quel caso, l’Arma dei carabinieri.

Esclusa dal concorso per carabinieri perché aveva subito un intervento di esportazione di un melanoma dalla gamba. Intervento perfettamente riuscito che aveva guarito la giovane. Non per la commissione esaminatrice che aveva esclusa l’aspirante marescialla. I giudici del Tar Lazio hanno accolto la domanda di una palermitana, stabilendo che: “Dalla documentazione sanitaria prodotta dalla candidata – scrivono i giudici nella sentenza – si evince che, allo stato, la stessa non è affetta da alcuna neoplasia. L’efficacia dell’intervento chirurgico al quale si è sottoposta nel 2019 è chiarita dalle certificazioni rilasciate dagli specialisti. La candidata non sembra doversi considerare affetta da alcuna neoplasia in atto. Né dagli esiti di essa o dell’intervento chirurgico, al di là di una modesta cicatrice, che non costituisce motivo di esclusione”.

I passaggi chiave della sentenza

La sentenza evidenzia inoltre il dettame del decreto del presidente della Repubblica  contenente la “Direttiva tecnica”. Considera quale causa di non idoneità al servizio le neoplasie maligne, “in quanto esse siano in atto e non quando siano allo stato di “esiti” relativi a paziente ormai guarito”. La giovane palermitana aveva presentato domanda per il concorso per l’ammissione al 12° corso triennale di 671 candidati, aumentati a 696, allievi marescialli del ruolo ispettori dell’Arma dei carabinieri. L’anno accademico di riferimento era quello 2022-2025. Nel novembre 2019 l’intervento.

Le prove superate e poi lo stop

La candidata prima supera la prova preliminare, le prove di efficienza e la prova scritta. Il 6 settembre scorso la commissione ha giudicato la candidata non idonea agli accertamenti psico-fisici. Quindi è stata esclusa dal concorso. La giovane aspirante carabiniere era stata ritenuta non idonea perché “è stata riscontrata affetta da pregresso melanoma gamba”. La giovane era stata esclusa da un precedente concorso. Stavolta, assistita dall’avvocato Gabriele Licata, è riuscita ad ottenere la revoca dell’esclusione dal concorso. “L’articolo 582 e la direttiva tecnica non prevedono, tra le cause di non idoneità, i pregressi melanomi’ – spiega l’avvocato -. Come confermato dal medico legale, le norme in questione includono solamente i ‘tumori maligni’ che vengano riscontrati nel momento dell’accertamento. Quindi non anche quelli non più esistenti”.

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