Parla l’oncologo trapanese Filippo Zerilli, il medico indagato nell’inchiesta sulla rete dei favoreggiatori del boss Matteo Messina Denaro. Secondo la procura di Palermo, avrebbe eseguito l’esame del dna necessario alle cure chemioterapiche a cui il padrino di Castlelvetrano doveva sottoporsi. Il paziente si era presentato al medico con i documenti di Andrea Bonafede, il geometra che gli avrebbe prestato l’identità e che, come Zerilli, è finito ora sotto inchiesta. Ora il medico dichiara la propria estraneità. Nella lista dei possibili fiancheggiatori è finito anche un altro dottore: Alfonso Tumbarello, medico di base di Campobello di Mazara che aveva in cura sia il boss, alias Andrea Bonafede, sia il vero Bonafede.

Messina Denaro, alias Andrea Bonafede, visitato il 3 dicembre 2020

Lo studio del medico sarebbe stato perquisito dai carabinieri che devono accertare se Zerilli fosse a conoscenza delle generalità del paziente. “Ho già fornito in dettaglio tutti i dati con date e documenti al mio ordine professionale”, dice il medico dopo la notizia delle indagini a suo carico. “Ho sempre esercitato la mia professione con scienza e coscienza e questo non fa eccezione in relazione al paziente Andrea Bonafede (alias Matteo Messina Denaro), per il quale in data 3 dicembre 2020 ho fissato una visita oncologica su richiesta della chirurgia di Mazara del Vallo, supportata da un referto istologico del laboratorio di anatomia patologica dell’ospedale di Castelvetrano del 24 novembre 2020. La visita è stata segnata nell’agenda del mio reparto per il 9 dicembre 2020”.

“Non è mai stato ricoverato in reparto”

Il medico vuole anche smentire il fatto che Andrea Bonafede sia stato ricoverato per un mese presso il suo reparto. “Questo è impossibile poiché presso il mio reparto vengono effettuati solo ricoveri in Day Hospital o Day Service, e non certo ricoveri ordinari”. ”
Non ho mai incontrato Andrea Bonafede prima del suo ingresso in ospedale, e non ho avuto alcun contatto personale con lui per fissare la visita oncologica. Non ricordo neppure un eventuale contatto personale con il paziente il 9 dicembre 2020, e non è possibile pretendere che ne abbia memoria considerando che all’epoca, e anche oggi, tutte le visite avvenivano indossando la mascherina”.

“Esame dna per pazienti trattati con farmaci chemioterapici”

“L’esame del DNA nei pazienti trattati con farmaci chemioterapici – evidenzia inoltre Zerilli – ha lo scopo d’identificare eventuali polimorfismi che possono aumentare la tossicità del farmaco, e non certo l’identità dei pazienti. Infine, vorrei sottolineare che dall’inizio di questa vicenda, il 16 gennaio scorso, non mi sono mai assentato dal lavoro, come dimostrano le mie presenze in ospedale”.

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