Questa la linea emersa nel corso della grande festa per i 130 anni dalla fondazione di quello palermitano intitolato a Ignazio Florio e Francesca e Anna Salamone, tra convegni, mostre di scultura, applauditi concerti di jazz e musica classica e un open day sportivo. Maria Francesca Oliveri, presidente f.f. del Consiglio regionale dell’Uici, “Grazie agli Istituti tanti disabili visivi hanno conquistato autonomia e dignità”. Il presidente del Florio-Salamone, Tommaso Di Gesaro, “Siano poli culturali e centri polifunzionali per l’assistenza e il sostegno scolastico e universitario”

 

“È nostra intenzione rilanciare ulteriormente il ruolo degli Istituti siciliani dei ciechi perché si aprano all’Italia e all’Europa seguendo innovativi modelli in materia di istruzioneformazione e riabilitazione per non vedenti, ipovedenti e pluridisabili”.

Lo ha detto Maria Francesca Oliveri, presidente facente funzioni del Consiglio regionale dell’Uici, commentando il successo degli eventi organizzati a Palermo per celebrare i 130 anni dalla fondazione dell’Istituto intitolato a Ignazio Florio e Francesca e Anna Salamone.

Nella scorsa settimana, infatti, si sono susseguiti convegni di altissimo livello, appuntamenti istituzionali, mostre di scultura con artisti del calibro di Gaetano Ribaudo, con la partecipazione del Liceo Artistico Catalano, applauditi concerti sia di jazz, sia di musica classica – con coro, pianoforte, orchestra d’archi di dieci elementi e soprattutto l’appena restaurato organo pneumatico dell’Istituto – e un partecipato open day sportivo.

L’Istituto dei ciechi Ignazio Florio e Francesca e Anna Salamone, guidato da Tommaso di Gesaro, presidente anche della sezione di Palermo dell’Uici, ospita convitto e semiconvitto per studenti delle scuole professionali e corsisti, ma anche vari laboratori: per operatori informatici, per il mondo scolastico e universitario, per attività manuali di disabili visivi adulti e occupazionali per ciechi con minorazioni aggiuntive. L’Istituto ospita inoltre un centro di documentazione tiflopedagogica per insegnanti di sostegno e per il mondo scolastico e universitario.

“Qui, all’inizio – ha detto Di Gesaro –, oltre che la musica, si insegnavano arti e mestieri formando falegnami, cestai, sarti e sarte. Solo successivamente l’evoluzione degli Istituti li condusse a formare la nuova classe dirigente di non vedenti e ipovedenti. E adesso che i disabili visivi sono integrati nella Scuola e nell’Università, il ruolo deve ancora mutare. Siamo dunque a un nuovo punto di partenza”.

“Se ne è parlato – ha sottolineato Maria Francesca Oliveri – in un interessantissimo convegno coordinato da Rodolfo Masto, presidente della Federazione nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi. Una ripartenza da attuare non solo a Palermo ma anche a Catania, con l’Istituto Tommaso Ardizzone Gioeni. Se non ci fosse stato, tanti disabili della vista non avrebbero potuto conquistare autonomia e dignità diventando fisioterapisti, centralinisti, bancari, avvocati. O insegnanti, come il presidente nazionale dell’Uici Mario Barbuto”.

Presente, quest’ultimo, a Palermo, con la vicepresidente nazionale Linda Legname.

L’Ardizzone Gioeni, ha sottolineato Di Gesaro, “per tanti anni ha diviso con noi il tanto lavoro da fare” e, nonostante “la situazione di gravissima difficoltà in cui versa”, è auspicabile che si riprenda, per affrontare insieme il percorso verso obiettivi coerenti con la società che cambia”.

L’idea è quella che gli Istituti siciliani diventino “Centri polifunzionali per l’assistenza, il sostegno scolastico e universitario, la riabilitazione dei pluri-disabili”. Ma anche, utilizzando anche le tecnologie digitali, si mutino in poli per la promozione e la gestione di attività professionali, culturali, artistiche, sportive, ricreative e di turismo sociale”.

 

LA SCHEDA

Il 27 maggio del 1893, alla presenza dell’avvocato Antonino Morvillo, che aveva avviato i processi d’istruzione gratuita per i non vedenti, era stato inaugurato a Palermo l’Istituto dei Ciechi alla presenza di Ignazio Florio Junior. L’Istituto era nato mettendo insieme il lascito testamentario delle sorelle Salamone – Anna e Francesca, quest’ultima non vedente -, e la grande villa, con un parco, di Ignazio Florio. E il “leone di Sicilia”, primo presidente della struttura, che viene ricordato in una targa come “banchiere, industriale, filantropo”, mise a disposizione anche duecentomila lire, somma, per allora, ragguardevole.

L’Istituto dei Ciechi sorge su un’area di diciottomila metri quadrati delimitata dalla via Angiò e dalla via Autonomia Siciliana. L’edificio che ospita la struttura è una villetta da quasi semila metri quadrati formata da vari corpi di fabbrica con due corti.

In centotrenta anni, l’Istituto ha sempre garantito ai ciechi poveri assistenza e istruzione: all’inizio vi si insegnavano non solo mestieri ma anche, per esempio, la musica. E fu con il Regio Decreto del 1926 che le sue porte si aprirono per consentire a bambini e ragazzi non vedenti di avere impartita l’istruzione elementare, in vista di un più adeguato e consapevole inserimento sociale.

Soltanto nel 1952 si sarebbe proceduto alla statizzazione delle scuole dell’obbligo, che sarebbero comunque rimaste annesse allo stesso Istituto. Infine, a partire dai primi anni Novanta del Novecento, in ritardo rispetto ad altre parti d’Italia, anche in Sicilia prese il via una graduale e progressiva integrazione scolastica dei disabili visivi nelle scuole comuni. E questo fece calare drasticamente le richieste di convitto.

Da allora l’Istituto dei Ciechi di Palermo ebbe, anche con il sostegno della Regione Siciliana, una nuova e più moderna mission, approntando una serie di servizi di sostegno e di supporto all’integrazione scolastica. Accanto a questa, prosegue e si consolida l’assistenza ai pluri-disabili, in parte direttamente gestita dall’Ente, e in parte in convenzione con l’Asp 6 di Palermo.

 

Questo contenuto è un comunicato stampa. Non è passato dal vaglio della redazione. Il responsabile della pubblicazione è esclusivamente il suo autore.