“Il fatto non sussiste”. È con questa sentenza che quattro medici sono stati assolti dall’accusa di omicidio colposo. A pronunciarsi, su tre chirurghi dell’ospedale Barone Lombardo di Canicattì nell’Agrigentino, è stato il gup del tribunale di Agrigento, Stefano Zammuto.

I tre erano imputati nell’ambito dell’inchiesta per la morte di Febbronia Cirami, la sessantanovenne deceduta il 12 marzo del 2020 all’ospedale di Agrigento, dove era stata trasferita in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni di salute.

Si tratta di Fabrizio Cremona, 35 anni; Alfonso Maurizio Maiorana, 67 anni e Mauro Ettore Zanchi, 59 anni: i tre imputati avevano scelto il giudizio abbreviato. Stesso verdetto e stessa formula per il quarto imputato, ovvero il chirurgo dello stesso reparto Antonio Limblici, 33 anni (difeso dall’avvocato Daniela Posante), processato nel troncone ordinario davanti al giudice Michele Dubini.

La tesi dell’accusa

La paziente, secondo quanto ipotizzava il pm Chiara Bisso che aveva chiesto la condanna a 10 mesi per i medici del giudizio abbreviato, sarebbe stata operata alla colecisti nonostante un quadro clinico complesso dovuto ad un tumore che non sarebbe stato diagnosticato pur in presenza di un “quadro chiaro” dopo la Tac.

L’intervento, peraltro, secondo l’ipotesi che non ha retto al vaglio del processo, avrebbe provocato lesioni al fegato mortali per la donna. In un primo momento erano indagati altri medici in servizio all’ospedale San Giovanni di Dio ma la Procura ha ritenuto, dopo avere esaminato la consulenza del proprio medico legale Giuseppe Ragazzi, di restringere il cerchio delle responsabilità ai soli chirurghi che l’hanno operata. L’inchiesta è stata aperta dopo la denuncia presentata dai familiari della donna attraverso il loro legale Calogero Meli.