La figlia del boss Matteo Messina Denaro, Lorenza Alagna, “ha deciso di rivolgersi alle autorità competenti affinché vengano perseguite tutte quelle fughe di notizie relative al colloquio tenutosi con il padre in regime di 41 bis”. Lo rende noto l’avvocato della donna, Franco Lo Sciuto.

“È incredibile – aggiunge il legale – come il contenuto del colloquio riservato tra padre e figlia, del tutto irrilevante sotto il profilo dell’interesse pubblico, da non confondere con la attenzione morbosa sul piano mediatico, intercorso nel rispetto delle prescrizioni di cui al 41 bis, possa essere reso pubblico dalle testate nazionali. Per tali ragioni si intende perseguire ogni condotta lesiva della sfera dei diritti di Lorenza Alagna ed ogni indebita esposizione mediatica”.

L’incontro del mese scorso

La figlia mai riconosciuta andò in carcere ad incontrare il padre, il super boss Matteo Messina Denaro nel mese di maggio. Lorenza Alagna, 26 anni, alla fine il passo lo ha fatto. Forse, chissà, anche per le condizioni del padre mai conosciuto, alle prese con un tumore aggressivo. Nonostante le notizie di stampa filtrate non certo lusinghiere, la giovane ha quindi deciso di varcare la porta del super carcere de L’Aquila. Così come i sentimenti contrastanti che con ogni probabilità avranno toccato i cuori di entrambi.

Lorenza Alagna è figlia di Franca Alagna, la donna con cui Messina Denaro l’ha concepita. La giovane non ha mai rinnegato il padre ma la sua indipendenza e libertà sì. Tanto che aveva deciso di tenere all’anagrafe il cognome della madre, quasi a voler imprimere quella distanza dall’allora superlatitante. Tutti atteggiamenti che evidentemente non sono mai piaciuti al boss di Castelvetrano. E non ne faceva mistero nei pizzini. Ma in realtà ci sono anche altri scritti che fanno emergere come Messina Denaro fosse combattuto interiormente.

In un pizzino indicava la figlia non riconosciuta una “sciacqualattuga”. Un termine con cui metteva in evidenza la scarsa considerazione che aveva per la figlia naturale Lorenza Alagna. Passaggio che viene fuori dall’inchiesta dei carabinieri del Ros che hanno analizzato l’enorme mole di pizzini e lettere trovate nei covi dell’ex primula rossa di cosa nostra. In una lettera indirizzata alla sorella Giovanna, parlando di Martina Gentile, la figlia della maestra Laura Bonafede arrestata anche lei per favoreggiamento, il boss riferendosi in codice alla figlia naturale usava appunto il termine “sciacqualattuga”.

Le lettere mai spedite

Nei covi però trovate anche lettere ami spedite che dovevano esesre indirizzate proprio alla figlia biologica. Con termini amorevoli si rivolgeva a lei e le diceva di stare lontana da “certi mondi” pericolosi. A fare da contraltare, poi, i pizzini inviati alla sorella. “Io ho cresciuto una figlia che non è mia figlia biologica (parlando della figlia di Laura Bonafede, ndr), ma per me è mia figlia. Mi ha dato l’amore di una figlia, mi ha voluto bene e mi vuole bene. Ha molto di me perché l’ho insegnata io, se vedessi il suo comportamento ti sembrerei io al femminile”.

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