Dietro alla strage familiare avvenuta a Licata vi sarebbe un movente legato ad alcuni dissidi nati per la spartizione dell’eredità tra due fratelli. Angelo Tardino, al culmine di una lite, ha estratto la pistola compiendo una vera e propria mattanza, togliendo la vita al fratello e alla cognata. Ha ucciso poi anche i due figli minorenni della coppia per poi fuggire. Le vittime sono Diego Tardino, la moglie Alexandra Ballacchino e i figli Alessia Tardino, 15 anni e Vincenzo Tardino, 11 anni. L’uomo, come inizialmente detto, non è morto.

L’uomo è ancora vivo

Angelo Tardino, 48 anni è ancora vivo ma in gravi condizioni. I carabinieri pensavano in un primo momento che fosse deceduto dopo essersi sparato un colpo di pistola, ma successivamente hanno scoperto che l’uomo respirava ancora. Tardino, che è agonizzante, è stato intubato e trasferito in elisoccorso all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta. Le sue condizioni sono gravissime.

Questioni di eredità dietro alla mattanza

Ci sarebbero contrasti connessi a una eredità dietro la strage commessa questa mattina da Angelo Tardino, 48 anni di Licata. L’uomo era andato alle prime luci del mattino in contrada Safarello, dove si trova la casa di campagna del fratello. Nella stessa zona ci sono dei terreni lasciati in eredità dal padre, tutti coltivati a primizie. Tra i due fratelli, secondo la ricostruzione dell’episodio, sarebbe scoppiata una violenta lite, l’ennesima, per questioni di spartizione delle aree coltivate.

Dalla lite alle armi

Durante il litigio, Angelo Tardino avrebbe estratto una pistola ha fatto fuoco contro il fratello, la cognata e i due nipoti di 15 e 11 anni. L’uomo è poi salito in auto e si è dato alla fuga. Sul posto sono arrivati i carabinieri della Compagnia di Licata, che hanno ricostruito quanto avvenuto e raggiunto telefonicamente Tardino che nel frattempo si era recato nel centro città.

L’uomo ha cercato di uccidersi

I militari avrebbero a lungo tentato di convincerlo a consegnarsi, ma, durante la conversazione, l’omicida avrebbe rivolto su di sè la pistola usata per la strage e ha fatto fuoco per togliersi la vita. L’assassino infatti è stato rintracciato al telefono dagli investigatori, che erano ormai sulle sue tracce e che hanno cercato di convincerlo a costituirsi. Quando ormai l’uomo sembrava ormai incline ad arrendersi e raggiungere la caserma i militari hanno sentito al telefono uno sparo e hanno capito che il fuggitivo si era tolto la vita. Poi però si è capito che l’uomo in realtà era ancora vivo. Ora lotta tra la vita e la morte. Le indagini sono coordinate dal Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio.