C’è anche un libro mastro tra gli oggetti sequestrati dalle forze dell’ordine a Caltanissetta nell’ambito dell’operazione Attila, scattata all’alba di oggi, che vede tra gli indagati 12 persone finite 11 in carcere e una ai domiciliari. L’inchiesta ruota attorno ad un fitto sistema di caporali e sfruttatori della manovalanza pakistana nei campi del Nisseno, gestita con la forza e con atti violenti. Chi si ribellava, era punito e ci anche quando ci scappò il morto.

Gli arrestati di questa mattina sono indagati, a vario titolo, per i reati di associazione per delinquere, finalizzata al reclutamento ed allo sfruttamento della manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi (caporalato), alle estorsioni, al sequestro di persona, alle rapine, alle lesioni aggravate, alle minacce, alla violazione di domicilio, alla violenza o minaccia per costringere a commettere un reato.

Grazie al ritrovamento del libro mastro, ora al vaglio degli investigatori, si è scoperto che i lavoratori venivano pagati circa 30 euro al giorno. Polizia e Carabinieri hanno lavorato insieme scovando un pericoloso gruppo di soggetti di nazionalità pakistana, da tempo residenti nel centro abitato di Caltanissetta, dedito alla commissione di una serie di delitti contro la persona ed il patrimonio, in larga parte ai danni di loro connazionali, che imperversava dall’anno scorso in città e nei centri limitrofi.

Un gruppo che ha assoggettato la comunità di appartenenza, molto ampia a Caltanissetta, sottoponendola ad un regime di vessazione e terrore e sfruttandola professionalmente al fine di assicurare all’associazione continuità nel tempo. Il gruppo era riuscito a imporsi nel territorio condizionando il settore agricolo dell’entroterra siciliano. Veniva reclutata manodopera pakistana col metodo del caporalato. I caporali pakistani destinavano i loro connazionali al lavoro presso titolari di aziende agricole, in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori, accordandosi sull’entità del compenso, che si aggirava sui 25/30 euro al giorno, direttamente con i datori di lavoro e trattenendo per sé una parte o persino la totalità del corrispettivo, già palesemente basso.

Chi si ribellava veniva “calmato” con  spedizioni punitive. Nell’inchiesta emerge anche un caso di omicidio. Quello del pakistano Siddique Adnan avvenuto la sera del 3 giugno scorso. L’uomo si era ribellato, denunciando i suoi caporali. Per l’efferato delitto vennero tratti in arresto ben sei dei soggetti colpiti dall’odierna misura cautelare. Ma già prima dell’omicidio la banda aveva commesso numerosi episodi di violenza in territorio nisseno, con un escalation di violenza davvero impressionante.

Un cittadino nigeriano è stato aggredito e malmenato a colpi di bastone e spranghe di ferro per il sol fatto di aver chiesto il corrispettivo dell’attività di bracciante agricolo svolto per loro conto. Poi estorsioni ai danni degli sfruttati, sequestri, minacce. Uno degli indagati avrebbe anche aggredito una donna nigeriana mentre stringeva tra le braccia suo figlio di appena un anno, rapinandola di duecento euro, poi seguiva una violenta aggressione con calci e pugni al marito della donna. Questi e tanti altri gli episodi di violenza che hanno convinto la Procura ad intervenire e a procedere all’arresto degli indagati.