Un femminicidio in pieno sole, consumato sul corpo di Carmen che continuerà ad echeggiare sulle sciagure umane. Così il pugnale di Don José spegne la vita, ma non la sete di libertà dell’eroina, resa immortale dalla partitura di Georges Bizet.

Su questa linea si muove la nuova produzione che inaugura la stagione lirica del Teatro Massimo Bellini di Catania, con sette rappresentazioni dal 25 febbraio al 3 marzo.

Sul podio il neodirettore artistico Fabrizio Carminati, la regia è di Luca Verdone, maestro del coro Luigi Petrozziello. Nel ruolo del titolo il mezzosoprano Anastasia Boldyreva, Don José è il tenore Gaston Rivero, Escamillo il baritono Simone Alberghini, che si alterneranno nelle repliche con altri nomi di spicco.

Ispirata all’omonimo racconto lungo di Prosper Mérimée, la cui pubblicazione risaliva al 1845, la trasposizione di Bizet arriva trent’anni dopo e per la prima volta illustra nel teatro musicale un inedito ideale femminile, quello della gitana libera e sensuale, dal carattere latino e appassionato: un personaggio di cui si mostra particolarmente avido il pubblico, che ne scoprirà le molteplici sfaccettature di femme fatale, donna emancipata, icona di una mediterraneità prorompente e fin quasi selvaggia.

“A mio modo di vedere è un capolavoro, una delle rare opere destinate a riflettere tutte le tendenze musicali della nostra epoca. Bizet è un compositore che paga un tributo al suo secolo e al mondo contemporaneo, ma che è anche animato da ispirazione autentica. Carmen sarà l’opera più popolare al mondo“. Con queste parole, nel luglio del 1880, Pëtr Il’ič Čajkovskij sintetizzava l’impressione di ammirazione e di profondo turbamento suscitato dall’ascolto dell’opéra-comique di Georges Bizet.