E’ stata denominata “operazione Iddu” quella scattata all’alba di oggi tra le province di Catania, Milano e Lecce, che ha all’applicazione di misure cautelari per 22 persone, indagate a vario titolo per “associazione di tipo mafioso”, “associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti”, “detenzione e spaccio di stupefacenti”, “estorsione aggravata”, “lesioni aggravate”, tutte commesse con l’aggravante del metodo mafioso. Le misure cautelari sono scattate su ordinanza del Gip di Catania su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.

Il provvedimento ha preso corpo da una indagine condotta dalla Compagnia Carabinieri di Giarre dal 2017 al 2019, grazie a intercettazioni e collaborazioni di collaboratori di giustizia. In carcere sono andati presunti appartenenti aal gruppo di Riposto della famiglia catanese Santapaola – Ercolano. Gli investigatori, in particolare, hanno ricostruito le gerarchie del gruppo, gli affari e la gestione dello spaccio di droga. Sono anche stati ricostruiti episodi di estorsione. Sono 10 le persone arrestate, 210 i chili di marijuana sequestrata.

Secondo quanto scoperto dalla Dia, la direzione e gestione del clan era riconducibile a Benedetto Lamotta, capo della frangia santapaoliana operante su Riposto, detto “Benito”, 62enne, indicato da più pentiti come referente del clan catanese, coadiuvato da alcuni fedelissimi, tra i quali il noto “killer delle carceri” Antonino, che dopo la sua lunga detenzione, durata circa 47 anni, scarcerato nel dicembre 2014, si rimetteva subito in gioco Marano, affiliandosi al clan. I due sono considerati responsabili dell’omicidio di Dario Chiappone commesso nel 2016.

Secondo gli investigatori, inoltre, la gestione del mercato illecito degli stupefacenti era affidata agli uomini di fiducia che si occupavano di reclutare i pusher, fornirli di telefoni cellulari e motorini elettrici e corrispondere loro circa 250 euro a settimana quale compenso. Diverse le estorsioni venute alle luce ai danni di diversi esercizi commerciali di Giarre e Riposto.

A seguito dell’arresto di La Motta, avvenuto nel dicembre 2017, le attività non si sarebbero interrotte ma  sarebbe subentrata al marito  Grazia Messina, che si sarebbe occupata di ricevere i proventi delle estorsioni, ma dimostrava di saper amministrare anche la giustizia criminale quando, in occasione di una rapina avvenuta ai danni di un esercizio commerciale sottoposto al pizzo, avrebbe commissionato il pestaggio di uno dei rapinatori, proprio per non dare segni di debolezza.

Sono 14 le persone portate nelle carceri di Catania, Siracusa, Messina, Caltanissetta, Milano e Lecce ad altri 7 indagati il provvedimento è stato notificato nelle carceri dove sono già detenuti, mentre per un indagato, attualmente localizzato all’estero, è stata avviata la procedura per la richiesta di M.A.E.

Le indagini che hanno disarticolato il gruppo criminale egemone nel comune di Riposto, inquadrato, secondo gli inquirenti, a pieno titolo in seno alla famiglia di Cosa Nostra catanese dei Santapaola-Ercolano, hanno consentito di documentare le intimidazioni e i pestaggi commessi dagli indagati finalizzati ad imporre il controllo mafioso del territorio. Peraltro alcuni degli odierni indagati, si legge in una nota, erano già stati individuati quali mandanti ed autori dell’omicidio del giovane Dario Chiappone commesso nell’ottobre del 2016.

I nomi degli indagati

Giovanni Bonaccorso, inteso “u ciasco”, 46 anni di Riposto; Abedelmajid Boualloucha, inteso “macido” 21 anni di Giarre; Giuseppe Campo, “fantino”, 46 anni di Riposto, Ornella Cartia, 68 anni di Castigione di Sicilia; Paolo Castorina, “spiddo”, 37 anni di Giarre; Giancarlo Leonardo Cucè, “Leo”, 42 anni di Catania; Benedetto La Motta, inteso “Benito”, “Iddu”, “patrozzo” e “zio”, 62 anni di Riposto (già detenuto); Graziano Leotta, 52 anni di Riposto; Cateno Mancuso, inteso “tano u ciuffo”, 39 anni di Riposto; Massimiliano Mancuso, inteso “Massimo o Massimitto”, 25 anni di Giarre; Antonino Marano, inteso “u vecchio” o “zu Nino”, 76 anni di Mascali; Salvatore Marletta, inteso “Turi di Palagonia”, 47 anni di Palagonia (già detenuto); Grazia Messina intesa “Iddra” o “patrozza” o “la zia”, 58 anni di Riposto; Davide Patanè, inteso “zappitta”, 28 anni di Giarre; Salvatore Patanè, inteso “zappa-zappitta”, 49 anni di Giarre; Liborio Previti, inteso “u tignusu”, catanese di 39 anni (già detenuto); Giovanni Russo, inteso “u grossu”, 31 anni di Acireale (già detenuto ai domiciliari); Andrea Sapienza inteso “Andrea mito”, 46 anni di Giarre (già detenuto); Agatino Tuccio inteso “Tino Catino”, 54 anni di Giarre (già detenuto) e Gaetano Zammataro inteso “fasola”, 33 anni di Catania.