Mentre la Santa fa il suo rientro in cattedrale fra gli evviva dei devoti, padre Salvatore Resca, vice parroco della “Parrocchia Santi Pietro e Paolo” di Catania e animatore dell’associazione CittàInsieme, invia alla stampa una lettera in cui si abbandona a riflessioni sulla Festa dove non mancano le note polemiche.

Una missiva che è destinata, probabilmente, a suscitare qualche mugugno visto che è stata scritta da un sacerdote che se senza mezzi termini definisce ‘la festa religiosa, ma non cristiana’.

Ecco il testo:

Cittadini! Viva Sant’Agata! E’ significativa questa acclamazione che non chiama i devoti, cristiani, cattolici, fedeli, ma “cittadini”; e pensavo a quanto bisogno di “cittadinanza” vera, autentica, ci sia in questa città, purtroppo priva di senso civico, di spirito di collaborazione, di interesse al bene comune, di cura per le cose di tutti, dal verde della aiuole, alla pulizia delle strade, dal rispetto del codice stradale, alle più elementari regole di convivenza, una città in cui sono spesso sotto processo amministratori che hanno fatto uso disinvolto del pubblico denaro e manca l’essenziale soprattutto per la gente particolarmente priva di assistenza e di servizi umanamente decenti…

Una “cittadinanza” assente che però, si materializza numerosissima ed entusiasta dietro il fercolo della santa, gridando: “W Sant’Agata”.

La festa di Sant’Agata non è cristiana! Non sono d’accordo con il titolo de “La Sicilia” di ieri e con molti passi dell’articolo di Padre Zito.

La festa di Sant’Agata, come quella di San Gennaro, di San Giorgio, o di qualunque altro santo non è da abolire perché è in mano alla mafia, perché si fanno le scommesse sull’orario di rientro, o perché la cera seminata per le strade crea disagi alla circolazione a partire dal 6 di febbraio.

Non bisogna abolirla!
Tutt’altro!
Bisogna solo “ridefinirla”, “rinominarla! 

Non è fuor di luogo, per un cristiano interrogarsi sul significato di questa festa partendo proprio dalla santa, dalla festeggiata.

Agata, secondo la tradizione che parla di lei, è stata una ragazza forte e decisa, una vera cristiana! Nei tempi in cui si dice sia vissuta, essere cristiani, testimoniare Cristo non era una cosa facile e scontata. Il contesto religioso e sociale del tempo non accettava i cristiani i quali erano spesso, se coerenti con la loro fede, soggetti alla persecuzione fino al martirio.

Il loro modo di vivere, il loro modo di pensare, il loro modo di fare era diametralmente opposto al modo di fare, di vivere, di pensare comune.

La fede cristiana, a quei tempi era una testimonianza di speranza, di amore, di impegno, spesso di segno contrario al modo di vedere e di pensare e di agire di tutti gli altri.

Anche i riti, le processioni, le feste religiose pagane non attiravano per nulla i cristiani, essi li consideravano come superstizioni indegne della vera fede in Dio.
Agata è stata testimone di tutto questo.
Per questo è stata imprigionata.
Per questo è stata torturata.
Per questo è stata uccisa.
Per questo la chiamiamo “santa”…

Io non lo so, non ho contatti diretti con il paradiso. Ma sarei tanto curioso di sapere che ne pensa la stessa Sant’Agata di questa festa che, per gli strani scherzi del destino, ricalca, come molte feste dei santi ai nostri giorni, le feste pagane dei suoi tempi.

Perché questa festa, stiamo attenti, è una festa religiosa, anzi religiosissima. La festa religiosa più bella del mondo, la definiscono, con un pizzico di esagerazione i “devoti”.

Il culto, il voto, la processione, la candela, il cero, gli evviva a Sant’Agata o a San Gennaro quando rinnova il miracolo, sono uno stupendo fenomeno religioso, popolare, spontaneo, umano.

Se andate su Internet, li potete vedere, questi riti, con alcune trascurabili varianti, in India come nel Tibet, in Africa o in Mongolia come espressione della sincera religiosità di quei popoli.

Assicurarsi la protezione dei santi, (o degli dei) onorarli, pregarli, far loro dei voti, accendere lumini e candele per impetrarne la protezione, trasportarne i simulacri e le statue urlando dietro la propria devozione è un modo di fare comune a tutte le feste religiose in ogni parte del mondo. Fanno parte della religiosità umana.

Io faccio qualcosa per Dio, faccio un sacrificio, come facevano gli ebrei, un bue, una capra o una pecora, esprimo un voto, accendo una candela… più grossa è la candela più grande è la mia religiosità…, e la divinità o i santi, nel nostro caso, fanno qualcosa per me, vengono incontro ai miei bisogni, soddisfano le mie necessità, risolvono i miei problemi.

A volte, ma qui è truffa, come avete certamente letto nei giornali di qualche anno fa, è possibile acquistare una bottiglietta di acqua miracolosa, l’acqua alla luce bianca, che ha delle potenzialità straordinarie, proveniente da Lourdes o da Medjugorje, come diceva di aver scoperto una dottoressa che si chiama Enza Maria Ciccolo, 71 anni e una laurea in biologia: Sette gocce di Fatima al mattino, sette gocce di Medjugorje la sera: 200 euro al flacone.
Questa è religione, e come religione va benissimo.

Il guaio è che il cristianesimo, quel cristianesimo che Agata ha vissuto, che ha fatto di lei una martire, una santa, è un’altra cosa. Agata lo sapeva bene che Cristo è venuto per indicarci strade completamente diverse per realizzare il nostro rapporto con Dio.

Lei ha capito che Cristo non ci insegna a mettere al sicuro noi stessi.
Lei ci ha detto e ancora ci dice, che è necessario perdersi per salvarsi, che è necessario portare la croce, affrontare anche la morte per testimoniare Cristo, farsi carico, mettersi sulle spalle i mali del mondo non le vare dei santi.

Offrire a Dio non le candele per ottenere una grazia, ma, giorno per giorno, la propria vita per essere vicini agli altri. Lei certamente avrà conosciuto e meditato quelle parole di Cristo nel vangelo di Matteo: “Non fate come i pagani che quando pregano sprecano molte parole, credendo di essere esauditi a furia di parole”. (Immaginiamo le urla dietro la vara…) “Il padre vostro celeste sa di che cosa avete bisogno. Cercate anzitutto il regno di Dio, e vedrete che tutto il resto, tutte le altre cose, vi saranno date in più…”

C’è moltissima religiosità, nella migliore delle ipotesi, nei devoti che vestono il sacco e vanno dietro a Sant’Agata per tre giorni.Ma spesso, non c’è la fede cristiana.
La fede è un’altra cosa.La religiosità dice a Dio: “Che cosa puoi fare tu per me?
La fede chiede a Dio: Che cosa posso fare io per te?

L’uomo religioso dice a Dio: “Ecco il mio voto, la mia offerta, la mia candela… tu, in cambio mi devi benedire, mi devi aiutare, devi risolvere i miei problemi, devi cambiare la testa della gente…, devi farmi trovare l’amore, quello giusto, il lavoro, la casa, devi farmi vincere un terno al lotto, devi guarirmi dalla malattia…

L’uomo di fede dice a Dio: “A Te, Signore, affido la mia vita… Sono al tuo servizio… Io lo so che tu mi vuoi bene… Se sono al tuo servizio i miei problemi li affido a te…, tu conosci meglio di me le mie necessità… Io voglio che tu mi benedica, che dica bene di me, non ti chiedo di liberarmi dai guai, li voglio affrontare i guai, come ogni donna, come ogni uomo di questo mondo, come hai fatto Tu, come ha fatto Agata… Io non ti offro né sacrifici, né olocausti, un corpo mi hai dato… Ecco, per questo io vengo, Signore, a fare la tua volontà…

La religione o la religiosità è il tentativo di liberarsi dei guai servendosi di Dio.

La fede è il coraggio di affrontare i guai per servire Dio, è la capacità di affrontare con la forza che viene da Dio, i guai della nostra vita, di dare prova di speranza anche quando le cose non vanno per il verso giusto, di non cessare mai di amare, con l’amore e la carità di Dio giorno per giorno nella nostra vita.

Mi hanno chiesto, di far parte di un comitato che cerca di correggere le cose storte di questa festa: le infiltrazioni mafiose, la cera dalle strade, gli “arrusti e mancia” ad ogni angolo di via Etnea, i ritardi del rientro… Ho rifiutato.
Perché questa festa non bisogna correggerla. Bisogna cambiarla radicalmente.

Come?
Io non dico di abolirla. Si perderebbe un patrimonio di credenze, di tradizioni, di folklore, di cultura: tutte cose che fanno parte di un popolo. Io vorrei che si distinguesse, da parte della comunità cristiana la religione dalla fede.
Fate pure la festa, le processioni, sparate tutte le bombe che volete, mangiate tutta la carne di cavallo che vi piace, ma distinguete la fede dalla devozione dei “devoti.

I preti sulla vara o sul fercolo, a raccogliere soldi e candele, no! Confonde!
La mescolanza delle messe mattutine o vespertine con le bombe, no! Confonde!
Le autorità che hanno ridotto questa città al lumicino, dietro la vara a sorridere alla gente per farsi applaudire e far dimenticare le loro magagne, no! Confonde!

Le scommesse sull’ora di rientro della santa, con i relativi risvolti affaristici e mafiosi, insieme alle preghiere in cattedrale, no! Confonde!

Forse la religiosità potrebbe diventare l’anticamera della fede, ma, perché questo avvenga è necessario distinguere ed educare, pigliare le distanze e sottolineare le differenze, altrimenti regna la confusione; e lo si vede seguendo in diretta le trasmissioni locali, dove, conduttori laici e ecclesiastici, non sono mai riusciti a evidenziare questa distinzione. Ma non possono farlo! Perderebbero l’ascolto, perderebbero l’audience.

Voi siete il sale della terra! sembra che abbia detto Gesù Cristo. Voi siete la luce del mondo!

Se il sale diventa scipito, a che serve? Penso che queste parole di Cristo, riportate nel vangelo di questa domenica, potrebbero far riflettere quanti hanno a cuore il vero significato della fede cristiana!

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