Non è una notizia. È un pugno nello stomaco che ci spegne ogni volta, eppure continuiamo a leggerlo, a scriverlo, a raccontarlo. Un altro giovane ucciso. Un altro figlio di Palermo che non tornerà più a casa. Paolo Taormina, 21 anni, aveva solo il coraggio che a questa città manca. È uscito da un locale, “O Scruscio”, di cui la sua famiglia è l’anima. È uscito non per cercare guai, ma per fermarli. Per dire a un branco di dieci persone che stavano massacrando di botte un ragazzino: “Basta, andate via, qui si sta lavorando”.
E per questo gesto di umanità, per questo istinto di protezione che dovrebbe essere normale, l’hanno ucciso. Con un colpo di pistola alla fronte, forse, o forse accoltellato. I dettagli, nella loro ferocia, contano poco. Conta la sostanza: a Palermo si muore per aver fatto la cosa giusta.
Gaetano Maranzano, 28 anni, ha confessato. Viene dallo Zen, un quartiere che non è un’etichetta ma una ferita aperta. Aveva una pistola addosso quando l’hanno arrestato. Su TikTok, si mostrava con un ciondolo a forma di revolver. In una foto, la sua bambina di un anno, con al collo le collane del padre, stringeva in mano quel simbolo di morte in miniatura. Ecco che cos’è diventata l’infanzia per alcuni: un apprendistato alla violenza.
Dove l’ha presa quella pistola? Dove l’hanno presi i coltelli che ogni weekend macchiano di sangue le nostre piazze? Con quale facilità un ragazzo, in una notte di follia, può decidere di essere Dio, giudice e boia? Le nostre leggi sono cieche, le nostre periferie sono armiere a cielo aperto, e i nostri figli crescono con l’idea che la giustizia sia un video su TikTok e la vendetta un diritto.
Paolo era un lavoratore. Stava “guadagnandosi il pane”, come ha urlato un suo amico. Non era un eroe, era un ragazzo normale in una città dove la normalità, ormai, è un atto di eroismo. Sua madre ha una vita distrutta. Chiede: “Come si fa a sparare in testa a un ragazzo?”. È la domanda che dovremmo urlare tutti, ogni sera, davanti a ogni locale della movida dove lo Stato è assente e la sicurezza è un optional.
Il sindaco Lagalla parla di “lutto cittadino”. Onorevole Sindaco, Palermo è in lutto da decenni. I lutti, qui, si accumulano come spazzatura in un angolo di strada. Non servono giorni di bandiere a mezz’asta. Servono controlli. Servono presidi. Servono agenti nelle piazze a ore piccole, quando i branchi si scatenano e la vita vale meno di uno sguardo storto.
E serve, soprattutto, che i genitori di questi assassini in miniatura si sveglino. Che guardino nelle camere dei loro figli, che controllino i loro social, che leggano i loro messaggi. Che insegnino il dialogo, non la prevaricazione. Che spieghino che un’arma non è un giocattolo, è la condanna a vita per chi la usa e per chi la subisce.
Paolo Taormina è morto perché ha avuto coraggio. Noi siamo vili, perché permettiamo che accada ancora. Basta. Basta con il sangue versato per una lite da nulla. Basta con le pistole nelle tasche dei ragazzi. Basta con le notti di Palermo trasformate in un Far West dove la legge del branco sovrasta quella dello Stato.
Onore a Paolo, che ha avuto il coraggio di mettersi in mezzo. Vergogna a chi continua a girarsi dall’altra parte.
Luogo: Casa, Via Pandora, 25, PALERMO, PALERMO, SICILIA
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