Ecosistema familiare: padre non scrittore!

 

“Se fossi stato davvero uno scrittore, in questi quasi dieci anni avrei scritto almeno otto libri e non due, che poi il secondo è il primo asciugato” (con lo pseudonimo di El Grinta, ha già pubblicato “Giuseppe“) sono state le prima parole di Marco Termenana, autore di “Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli”, edizioni CSA, a commento dell’ennesimo titolo.

Sabato 9 settembre, infatti, il libro ha ricevuto il primo premio per la narrativa edita di genere a Sellia, Catanzaro, alla sesta edizione del Premio Internazionale di Letteratura “Un libro nel borgo”, che porta così a 40 i riconoscimenti in poco più di due anni (il volume è di giugno 2021).

Il Sindaco di Sellia, Davide Zicchinella, e l’Assessore alla Cultura, Concetta Folino, con il patrocinio della Presidenza della Regione Calabria e della Presidenza della Provincia di Catanzaro, hanno organizzato questa competizione letteraria, nel ricordo di Pasquino Crupi, professore, intellettuale e giornalista, scomparso circa dieci anni fa.

Il romanzo premiato è invece ispirato al suicidio di Giuseppe, il primo dei tre figli, quando, 21 anni appena compiuti, in una notte di marzo 2014, apre la finestra della sua camera, all’ottavo piano di un palazzo a Milano, e si lancia nel vuoto.

 

Con lucidità impressionante e senza mai cadere nella retorica, la storia racconta il (mal) vivere di chi si è sentito sin dall’adolescenza intrappolato nel proprio corpo: la storia di Giuseppe è infatti anche la storia di Noemi, suo alter ego femminile.

 

Tragedia non solo di mancata transessualità ma anche di mortale isolamento, al secolo hikikomori (termine giapponese che significa “stare in disparte”).

 

 

Daniela Rabia, giornalista e scrittrice, Presidente di Giuria, spiega le motivazioni del riconoscimento:

“La mia passione per la lettura è nota e per questo sono stata invitata a presiedere la Giuria. Da dieci anni circa, leggo in media un libro al giorno, ma questo non lo dimenticherò mai. Amore e dolore. È uno dei testi più belli che ho letto in questo decennio. Subito si è distinto tra tutti gli altri che sono arrivati in concorso. Davvero ha meritato il primo posto.”

 

Ancora l’autore invece:

 

“Ho scritto solo per ritrovare Giuseppe perché il dolore era ed è terribile e se non avessi trovato un adeguato meccanismo compensativo sarei impazzito, ma se attraverso quello che ho raccontato posso aiutare a far riflettere e ad autodiagnosticarsi, gli adulti a capire meglio i ragazzi e, viceversa, i ragazzi ad aprirsi verso gli adulti, sono felice.

Tutti i libri testimoniano la storia che raccontano ed aiutano a riflettere. È questo il vero valore della scrittura.

Personalmente, cerco di parlare ai genitori, in alcuni casi ai figli, ed anche a chi non è né l’uno né l’altro, però non vuole sciupare la propria vita e, perseguendo obiettivi etici, ha piacere a leggermi (giova precisare che con il nuovo anno scolastico, “Mio figlio” riprende il suo cammino per le scuole d’Italia. Gli incontri sono iniziati a novembre 2017 con GIUSEPPE di El Grinta, per un totale di venticinque scuole, si sono fermati nel 2020 con il Covid e sono ripartiti a febbraio 2023, n.d.r.).

 

Penso anche continuamente ai nonni: il racconto è anche per loro visto il rapporto che Giuseppe aveva con la nonna materna e teneramente narrato. Purtroppo, almeno per me, ho capito solo dopo e solo quando non c’era più, l’importanza che i nonni hanno per i nipoti e viceversa e quindi in tutto l’ecosistema familiare.”

 

Ma allora qual è l’obiettivo? Ci sono anche autori che arrivano fino a 200 riconoscimenti ma non con un solo titolo e non con questi ritmi. È possibile arrivare a 40 titoli in circa due anni e non avere un fine?

 

“E’ proprio così perché mio figlio vive in questo modo e continuare a girare per l’Italia per raccontare di lui, oltre a commemorarlo, mi dà la sensazione che sia sempre presente e ciò attenua il dolore. È questo l’obiettivo: attenuare il dolore.

 

In effetti, mi piacerebbe contribuire con i proventi dei diritti d’autore allo studio ed alla ricerca delle malattie mentali dell’età evolutiva, come mi suggerì proprio all’inizio dei miei giri per l’Italia, alla fine di una presentazione, diversi anni fa, un medico donna dopo avermi ascoltato, correggendo il mio proposito iniziale di edificare una cappella al cimitero per Giuseppe. Confido nel futuro.

 

Ad ogni modo, mi sento di dire che solo con il valore aggiunto generato attraverso la mia testimonianza, credo che avrò dato un senso all’inutile e stupida morte di Giuseppe.”

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L’autore è contattabile attraverso la sua pagina Facebook “Marco Termenana”

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PRINCIPALI RICONOSCIMENTI LETTERARI:

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