Nel cuore del centro storico di Palermo, i locali e ristoranti  stanno ripartendo nel pieno rispetto delle norme di sicurezza previste dall’ultimo DPCM dopo il lockdown dovuto all’emergenza sanitaria globale ,ognuno a proprio modo, reinventando sè stessi anche grazie ad iniziative che li sostengono come RestArt, il progetto che coinvolge beni culturali e ristoratori per la rinascita del capoluogo siciliano.

 

Tra questi, in una piccola piazza in via Alloro, di fronte al Giardino dei Giusti, esiste un luogo il cui nome, “A’ nica”, che,  in siciliano, vuol dire “la piccola”, nasconde una storia grande  fatta di amore e abnegazione per il proprio lavoro da parte dei proprietari che hanno deciso di puntare tutte le loro fiches sulla qualità  dell’offerta gastronomica e del servizio.

Proprio l’amore, infatti, ha portato Annika Pettersson, svedese, caparbia e dedita ex manager di banca, a scegliere la Sicilia, come terra in cui dare sfogo alle proprie doti organizzative insieme  al giovanissimo imprenditore siciliano Giulio Scaduto. Grazie anche  al supporto delle proprie  famiglie, prendendo spunto  dal nome  Annika, grazie ad una felice e fortuita casualità nasce  così “A’nica Ristorante & Pizza Gourmet ”  simpatica rivisitazione in dialetto palermitano.

Filo conduttore dell’offerta gastronomica è una cucina senza eccessi che non ammette sprechi in un contesto minimal ma, al contempo, reso confortevole da tanti spunti di sicilianità, un mix interessante di due culture, svedese e siciliana,  apparentemente lontane tra loro ma che riescono a trovare un punto di incontro il cui risultato è un unicum  elegante ed accogliente perfettamente integrato nell’elegante atmosfera di via Alloro, asse principale del quartiere della Kalsa a Palermo – un tempo dimora delle più alte cariche della città e oggi via culturale – che coniuga lo stile “lagom”svedese, termine che intende la ricetta della felicità,   al gusto della tradizione culinaria siciliana dando origine ad  un’esperienza culinaria che punta all’essenziale, alla freschezza delle materie prime e alla loro sostenibilità.

All’arredamento lineare ed ordinato fanno da contraltare pezzi unici e di recupero, ben mixati in  un’atmosfera avvolgente riscaldata dalla luce naturale o da punti luce calda e  disposti accuratamente nel ristorante.  In cucina un team giovane e con alle spalle importanti esperienze i cui componenti,  Luca Barnini, executive chef, Vincenzo Mezzatesta, chef di cucina, Daniele Cammarata, pizzaiolo, Martino Puccio e Federica Rocco in sala, accompagnano l’avventore in un viaggio alla scoperta della cucina tradizionale siciliana che, di tanto in tanto, strizza l’occhio a delle interessanti rivisitazioni.

Amo la Sicilia dal primo giorno in cui l’ho conosciuta: era il 2002 quando per la prima volta visitai l’isola, in particolare Balestrate nel 2011 – racconta Annika Pettersson – Mi divido ancora oggi tra la mia terra, la Svezia, e la Sicilia che oggi è la mia seconda casa. A’nìca è la rappresentazione ideale della sicilianità che si unisce alla cultura nordeuropea”. “La mia famiglia gestisce aziende agricole da quasi 100 anni – racconta Giulio Scaduto, giovane imprenditore – Io ho trascorso la mia infanzia a Villa Cefalà, azienda agricola trasformata in agriturismo quando ero ancora molto piccolo. Piano piano il nostro ristorante è cresciuto ed è diventato il core business della nostra attività. Vista l’esperienza maturata abbiamo deciso di aprire un ristorante che coniugasse diversi aspetti: il buon cibo, l’utilizzo di materie prime della nostra terra e lo spirito di accoglienza tipici di un agriturismo”.

La cucina di A’nìca interpreta piatti tipici della tradizione culinaria siciliana esplorando tra mare, terra e monti: tra i cavalli di battaglia l’insalata di àmmaru, i paccheri all’ortolana, le fettuccine con macco di fave e gamberi, la calamarata, la tagliata di alalunga, l’insalata sapurita, gli spaghetti alla chitarra e il gelo di melone. Tra i piatti più amati, soprattutto nella stagione autunnale, fagottini di pasta fillo con ortaggi e verdure su salsa caponata, le fettuccine con bottarga di tonno, vongole e datterino, minestra di pasta all’aragostella e broccoletti, filetto di maialino cotto a bassa temperatura in crosta di lardo di Colonnata con carciofo alla Viddaniedda. Fiore all’occhiello del locale è la pizza prodotta con farine di qualità e impasto lievitato per un minimo di 48 ore e cotto su pietra refrattaria, con l’aggiunta di prodotti bio e stagionali. In particolare consigliatissima la pizza ai tre pomodori con datterino, ciliegino e San Marzano, quella alla bottarga, pepe rosa e “carpaccio” di limone.