• L’esplosione in fabbrica avvenne a novembre del 2019
  • Morirono in 5 mentre due furono i feriti gravi
  • Nella fabbrica digiochi pirotecnici non sarebbero state rispettate le misure di sicurezza

 

I carabinieri hanno eseguito a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa dal Gip nei confronti di Vito Costa, 73 anni, Corrado Bagnato, 65, e del figlio Antonino Bagnato, 38, accusati, a vario titolo, di disastro colposo, omicidio colposo plurimo, lesioni personali, violazioni concernenti le norme di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro e mancata consegna dei dispositivi di protezione individuale.

Il provvedimento scaturisce dall’esito delle indagini sull’esplosione avvenuta a Barcellona Pozzo di Gotto il 20 novembre 2019, all’interno dello stabilimento industriale per lo stoccaggio e la lavorazione di fuochi pirotecnici Costa Vito e figli, che provocò la morte di 5 persone ed il ferimento di altre due.

Dentro lo stabilimento erano in corso lavori di adeguamento della struttura prescritti dalla commissione tecnica territoriale, finalizzati ad elevare gli standard di sicurezza. Le esplosioni in sequenza provocarono la morte di Giovanni Testaverde, Mohamed Mannai Tahar, Fortunato Porcino e Vito Mazzeo, operai della ditta che stava eseguendo i lavori, e di Venera Mazzeo, moglie di Vito Costa, oltre al ferimento di Antonino Bagnato. Le indagini coordinate dal Procuratore Emanuele Crescenti hanno reso necessario l’intervento della Sezione Rilievi del Nucleo Investigativo di Messina e dei Carabinieri del Ris di Messina, che hanno operato con il supporto del 12° Nucleo Elicotteri Carabinieri di Catania Fontanarossa per le ricognizioni aeree.

I numerosi reperti sequestrati nel corso delle indagini si sono rivelati fondamentali per la ricostruzione della dinamica dei fatti, effettuata anche grazie alle analisi di laboratorio eseguite dai carabinieri della Sezione “Chimica, Esplosivi ed Infiammabili” del Ris di Messina. Gli accertamenti, sostengono gli inquirenti, hanno permesso di ricostruire che l’esplosione ha avuto come punto di origine il fabbricato al cui interno stavano lavorando sia con l’elettrosaldatrice che con la smerigliatrice, entrambi utensili capaci di produrre scintille, i lavoratori della ditta Bottega del Ferro.

L’esecuzione di questi lavori, in presenza di materiale esplodente sensibile all’innesco, causò l’esplosione a catena che si propagò agli altri capannoni. La conferma sarebbe arrivata dal sequestro dello smartphone di Antonino Bagnato nella cui memoria è stata rinvenuta una fotografia, scattata pochi istanti prima della tragedia, che riprendeva uno degli operai della ditta mentre stringe tra le mani una saldatrice con cui lavorava alla sbarra di scorrimento delle grate.