L’Associazione nazionale magistrati ricorda la figura di Gaetano Costa, Procuratore della Repubblica di Palermo, che il 6 agosto del 1980 cadeva sotto i colpi di un sicario di mafia e a nome di tutti i giudici ne “onora la memoria”.

“Pur consapevole del grave rischio che correva, aveva rinunciato all’uso di un’auto blindata e della scorta per non esporre a pericolo altri uomini. La sua fermezza e il suo rigore, con i quali aveva compiuto delicatissime indagini di mafia, gli costarono prima un drammatico isolamento, e poi la vita”, sottolinea la giunta del sindacato delle toghe.

L’Anm richiama anche le motivazioni con cui venne conferita, dopo la sua morte, a Costa la Medaglia d’oro al valor civile: “Alto Magistrato, esercitava la propria missione con profondo impegno ed appassionata dedizione, distinguendosi per la particolare fermezza ed il rigore morale, pur consapevole dei rischi personali connessi alla sua funzione di Pubblico Ministero. Sempre ispirato al principio dell’indipendenza della funzione giudiziaria, tenacemente dedicava ogni sua energia a respingere la sfida lanciata dalla criminalità organizzata contro lo Stato Democratico. Vittima di un vile attentato tesogli con efferata ferocia da appartenenti ad organizzazione criminale, sacrificava la vita al servizio della giustizia e delle Istituzioni”

“Fare memoria dell’esempio di questi valorosi servitori dello stato significa rinnovare l’impegno per contrastare ogni forma di mafia e richiamare il senso etico di quanti, attraverso il loro agire, hanno rafforzato i valori della legalita’ e solidarieta’ nelle Istituzioni.
In questo giorno di ricorrenza, desidero rinnovare i sentimenti di partecipazione e gratitudine del Paese ai familiari e ai colleghi delle vittime che in questi lunghi anni ne hanno ricordato l’ammirevole dedizione nello svolgimento delle loro attivita’ professionali”. Cosi’ il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricorda, in una dichiarazione, Gaetano Costa e Antonino Cassarà, uccisi in agguati di mafia.

“Il 6 agosto del 1980, mentre passeggiava da solo nel centro di Palermo, Gaetano Costa veniva ucciso a colpi di pistola da sicari mai identificati in uno spietato agguato di stampo mafioso. A distanza di cinque anni, il 6 agosto del 1985, il Vice Questore Antonino Cassarà perdeva la vita in un sanguinoso attentato mafioso insieme all’agente della Polizia di Stato Roberto Antiochia, componente della sua scorta”, ricorda il Capo dello Stato.

“Procuratore capo a Palermo nel 1978, dopo un percorso professionale svolto per la maggior parte presso gli uffici requirenti siciliani, Gaetano Costa ha condotto delicate ed efficaci indagini sulle organizzazioni criminali operanti sul territorio. Egli ha intuito con una visione sistemica l’evoluzione del fenomeno mafioso e i suoi collegamenti con la Pubblica Amministrazione e il traffico internazionale di stupefacenti. È stato fra i primi a comprendere la necessità di predisporre strumenti legislativi idonei per condurre indagini patrimoniali nei confronti degli esponenti della criminalità organizzata. Consapevole dei rischi personali connessi alla sua funzione, egli ha svolto la sua attività con rigore morale, fermezza e appassionato impegno. Nella convinzione di rientrare tra coloro “che avevano il dovere di avere coraggio”. Vice Questore a Palermo, Antonino Cassarà ha preso parte a complesse e importanti operazioni insieme al Commissario Giuseppe Montana, anche lui assassinato dalla mafia nel 1985. Investigatore di straordinario intuito ha condotto con coraggio e determinazione una lotta tenace contro le cosche mafiose, contribuendo con le sue indagini, in collaborazione con Giovanni Falcone e con il “Pool antimafia”, all’istruzione del primo Maxiprocesso”, conclude.

Ricordare l’omicidio 35 anni fa di Ninni Cassarà e Roberto Antiochia, crivellati da oltre 200 colpi di Kalashnikov, pochi giorni dopo l’assassinio di Beppe Montana, per “evitare che possa ripetersi quella stagione, in cui chi combatteva la mafia era solo”. E’ il monito che arriva dall’Associazione nazionale funzionari di polizia, evocando l’immagine della vedova di Cassarà che vide il marito morire dal balcone e “trovò tutte le porte dei vicini sbarrate mentre invocava aiuto”.

“Nessuno pensi che la mafia sia stata debellata, lo dimostra l’arresto di ieri del figlio di Tano Badalamenti per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti”, dice il segretario nazionale Enzo Letizia, ricordando un altro triste anniversario, la morte del Procuratore Capo di Palermo Gaetano Costa.

Il pericolo mafia resta attuale, anzi la crisi economica del Paese rappresenta “il terreno fertile” per i clan “sia per il reclutamento di nuovi componenti sia per sfruttare le conseguenti degenerazioni sociali e imprenditoriali”. Perciò, non solo occorre “tenere alta la guardia sui sistemi corruttivi dell’apparato politico-amministrativo con particolare riferimento ai settori delle concessioni pubbliche, dell’edilizia e dell’erogazione di misure economiche di sostegno emergenziale, ma è necessario che venga, anche, rafforzata e stimolata la collaborazione con le associazioni di categoria attive sul territorio come Confindustria, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti per l’individuazione delle aree sensibili d’intervento investigativo. La mafia si batte attraverso una sicurezza condivisa” conclude Letizia.

Il sindaco Leoluca Orlando ha partecipato oggi alle cerimonie commemorative in onore del procuratore di Palermo, Gaetano Costa, ucciso il 6 agosto del 1980, nonché del vice Questore Ninni Cassarà e dell’Agente di Polizia Roberto Antiochia uccisi nello stesso giorno del 1985.

Il sindaco prima si è recato in piazza Giovanni Paolo II dove è stata deposta una Corona di alloro presso la stele marmorea che, dal 2019, in ricordo di Cassarà ed Antiochia e poi in via Cavour, sul luogo della morte del Procuratore Costa.

“Così come ogni anno – ha detto Orlando – la città di Palermo ricorda con commozione questa data dolorosa, che rappresenta una ferita ancora aperta per tutti quelli che difendono i valori della legalità e della lotta alla mafia. Costa era un uomo che da sempre nella sua vita prima e durante l’esperienza in Magistratura, mostrò grande attaccamento ai valori della Giustizia e della Democrazia; valori che con grande fermezza e immenso coraggio portò avanti sacrificando la sua vita anche per l’isolamento che ne ha caratterizzato l’esperienza alla Procura di Palermo.
Cassarà e Antiochia furono vittime di quel terribile anno in cui la mafia rispose con feroce violenza al lavoro investigativo e repressivo portato avanti dalle forze dell’ordine ed in particolare dalla Questura di Palermo, impegnata nella caccia ai latitanti. Anche grazie all’esempio e al sacrificio di questi uomini, cosi come quello di tutti gli altri che hanno avuto una visione di legalità e di giustizia, oggi Palermo ha inequivocabilmente scelto la strada del contrasto al crimine organizzato che non è più parte integrante del sistema di governo della città”.

(foto di Stefano Patania)

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