Salgono a 40 i casi di suicidio di operatori delle forze dell’ordine nel 2019. L’ultimo, in ordine cronologico, a Vibo Valentia, dove un uomo in servizio alla Digos si è tolto la vita con la sua pistola. La Uil Sicurezza lancia l’allarme su quella che da molti viene definita una “strage silenziosa” che continua a mietere vittime,.

“Il nostro – scrive la Uil in una dolorosa nota in seguito alla notizia del suicidio di Vibo Valentia – è il grido disperato di allarme troppo sottovalutato”. Carichi di lavoro eccessivi, stress continuo e una paga ridotta all’osso sono le prime cause di suicidio degli operatori di polizia in Italia, un fenomeno che viene chiamato, freddamente, la “strage silenziosa” degli Operatori che si occupano della tutela della sicurezza. Una delle prime cause di suicidio è dunque il fenomeno del “burnout” , ovvero una condizione di stress che determina un logorio psicofisico ed emotivo con concrete conseguenze nella realtà lavorativa, personale e sociale dell’ individuo.

“Quanti ancora dovranno essere i suicidi nelle Forze dell’ Ordine prima che lo Stato corra ai ripari? – scrive la Uil sicurezza -. Atti concreti, ci dispiace dirlo, ma non ve ne sono stati”. L’istituzione dell’Osservatorio, secondo i sindacati non fa altro che aggravare lo stato di fragilità dei colleghi che si vedono costretti a subire. La Uil sicurezza chiede adesso a gran voce, ai vertici del dipartimento e alle istituzioni di emanare leggi “che garantiscono un supporto continuo alle forze dell’ordine, attraverso figure professionali competenti come psicologi o psicoterapeuti, senza correre il rischio che gli uomini e le donne in divisa, non esprimono i propri disagi avendo la paura che ci possano esserci ulteriori conseguenze e economiche e lavorative sfavorevoli”.

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