L’architetto Filippo Bisconti è uno che conosce tante persone. Ha tenuto in questi anni rapporti non solo con uomini di Cosa Nostra, ma soprattutto con tanti colletti bianchi di mezza Sicilia.

I carabinieri lo hanno trovato provato. Stanco di tornare ancora una volta in cella. E questa volta il capo di cosa nostra non solo a Belmonte Mezzagno, ma referente di tutta la provincia di Palermo, ha fatto il grande salto.

La sua collaborazione con la giustizia insieme a quella di Francesco Colletti, rappresenta un punto straordinario dal quale partire e continuare a battere il ferro adesso che è caldissimo.

Poche settimane dall’operazione di dicembre che ha smantellato il tentativo di riportare ordine dentro Cosa Nostra e ristabilire i vertici che la procura di Palermo ha assestato un altro colpo.

Ormai è stato aperto uno squarcio enorme dentro l’organizzazione e c’è la possibilità di assestate nuovi colpi per cercare di stanare i collegamenti con insospettabili che si sono arricchiti e hanno reso servigi all’organizzazione.

“I due nuovi collaboratori di giustizia, Francesco Colletti e Filippo Bisconti, fino a un mese fa componenti della Cupola mafiosa, hanno conoscenze anche fuori da Cosa nostra – ha detto il procuratore Francesco Lo Voi – In questa direzione, non soltanto all’interno dell’organizzazione, si muoveranno le indagini nelle prossime settimane, nei prossimi mesi”.

Le informazioni fornite soprattutto da Bisconti e poi da Colletti sono di prima mano. Sono loro che erano presenti al summit di Baida dove si è iniziato il percorso per ricostituire la nuova Cupola.

Il 29 maggio l’incontro tra un gruppo ristretto di mafiosi ci fu in una vecchia casa di Baida. “Il 29 maggio “Fu Michele Greco (Leandro Greco nipote del papa Michele Greco ndr) a invitarmi, mi fece sapere che all’appuntamento dovevano partecipare i capi mandamento di Palermo. Giovanni Sirchia mi diede appuntamento in viale Michelangelo, all’altezza di Mondo Legno. Da lì siamo andati con il suo Sh a Baida, in alcune strade di campagna”. Colletti ha parlato di una “casa molto vecchia. “Io sono salito al primo piano – aggiunge -, c’era un tavolo imbandito con dei dolci… ho trovato Settimo Mineo seduto, Michele Greco che era già a tavola, Gregorio Di Giovanni… dopo una mezz’oretta è venuto Calogero Lo Piccolo”. Anzitutto si discusse di “regole”.

“Michele Greco prendeva spesso la parola dicendo: “Dobbiamo fare le cose serie, dobbiamo organizzarci in modo che solo noi che ci riuniamo e ci riuniremo dobbiamo sapere le cose” . Greco puntava a un organismo più ristretto di rappresentanza. “Un organismo palermocentrico — sintetizza il procuratore aggiunto Salvatore De Luca, che coordina il pool antimafia di Palermo — dominato da due o tre figure. Con l’esclusione dei cosiddetti paesani, ovvero i rappresentanti della provincia” .

Il regista della manovra era il giovane Greco, sostenuto dall’anziano della Cupola, Settimo Mineo, e dal capo di Porta Nuova, Gregorio Di Giovanni. “La prossima riunione si sarebbe dovuta fare verso settembre, ci doveva pensare Mineo”. Dunque, in zona Pagliarelli. “Ma poi l’incontro fu rinviato ».Intanto, prima e dopo le riunioni plenarie, c’erano incontri ristretti.  “A inizio luglio mi sono visto con Greco», ha aggiunto Colletti. L’incontro fu fissato in un magazzino vicino alla chiesa della Magione. “C’erano pure Bisconti, Salvatore Sciarabba ( mafioso di Belmonte, ndr)e Salvatore Pispicia (boss di Porta Nuova,ndr) ».

All’incontro della Magione ci fu quasi uno scontro fra Greco e Bisconti. Al reggente di Misilmeri non andava davvero giù il progetto di riorganizzazione “palermocentrica” di Greco. “Il 29 maggio Bisconti non si era neanche presentato alla riunione della commissione — spiega il procuratore aggiunto De Luca — segno di un chiaro dissenso”. Lo aspettarono due ore prima di iniziare. “Poi dissi che temevo di essere seguito dalle forze dell’ordine, così mi giustificai”.