Ha risposto alle domande del gip Fabio Pilato, Maria Cristina Catalano, 57 anni, amministratrice di fatto della casa di cura Aurora, accusata di bancarotta, riciclaggio e maltrattamenti ai danni degli anziani ospiti.

La donna difesa dall’avvocato Maurizio Piazza ha detto di “avere avuto un blackout. Ho perso 42 chili perché sto male e sto attraversando un periodo difficile della vita”.

Nelle immagini riprese dalle telecamere piazzate dalla Guardia di Finanza sono rimaste impresse le violenze e vessazioni subite dagli anziani ospiti. Gli interrogatori di garanzia si sono svolti oggi pomeriggio via Skype.

Si sono avvalse della facoltà di non rispondere due delle sei indagate, Vincenza Bruno, 35 anni, difesa Tiziana Staropoli e Anna Monti, 53 anni, difesa da Giovanni Aurilio.

Hanno risposto alle domande del giudice Rosaria Florio, 42 anni e Antonina Di Liberto, 55 anni difesa dall’avvocato Rosa Salemi e Valeria La Barbera, difesa avvocato Riccardo Bellotta.

Era un vero e proprio regime di terrore quello instaurato nella casa di riposo “Aurora” dalla amministratrice Maria Cristina Catalano e da cinque sue dipendenti, tutte finite in carcere.

“Se tu ti muovi di qua ti rompo una gamba, cosi la smetti; devi stare zitta, muta; devi morire, buttare veleno…”. Maltrattamenti e violenze inaudite nei confronti di anziani inermi picchiati con calci, schiaffi, colpi di scopa, perfino legati alle sedie per impedire loro di muoversi.

Un campionario di crudeltà documentato in due mesi dalle immagini delle telecamere piazzate di nascosto dai militari della Guardia di Finanza nell’ospizio lager. Non è un caso dunque che il Gip, nell’ordinanza segnali “l’urgenza di interrompere un orrore quotidiano” evidenziando come “l’indole criminale e spietata degli indagati impone l’adozione della custodia cautelare in carcere ritenuta l’unica proporzionata alla gravità e alla immoralità della condotta e l’unica a contenere la disumanità degli impulsi”.

Oltre alle violenze fisiche i degenti venivano anche insultati e sottoposti a continue mortificazioni psicologiche: “Sei una schifosa, devi dire che fai schifo” viene detto a un’anziana che si lamenta. Insulti accompagnati dalle immancabili percosse fino a costringere la poveretta a ripetere “basta, faccio schifo..” e a schiaffeggiarsi da sola pur di fare cessare quella persecuzione insopportabile.

Emblematiche anche le parole dell’amministratrice della casa di riposo in occasione del soccorso prestato inizialmente ad una degente, poi deceduta: “Ti dico che io in altri periodi avrei aspettato che moriva perché già boccheggiava…lo ripeto fosse stato un altro periodo non avrei fatto niente, l’avrei messa a letto e avrei aspettato. Perché era morta”. Non è un caso dunque che il Gip, nell’ordinanza segnali “l’urgenza di interrompere un orrore quotidiano” evidenziando come “l’indole criminale e spietata degli indagati impone l’adozione della custodia cautelare in carcere ritenuta l’unica proporzionata alla gravità e alla immoralità della condotta e l’unica a contenere la disumanità degli impulsi”.

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