Una chiesa gremita si è stretta al dolore della famiglia dell’ex presidente dell’ufficio Gip di Palermo Cesare Vincenti che ieri mattina si è tolto la vita lanciandosi dal quinto piano del palazzo di via Rapisardi dove abitava con la moglie Luciana e i figli Andrea, Federica e Francesco.

“Per lui non era mai troppo tardi, lui non era mai troppo stanco per aiutarci – ricorda il figlio primogenito Andrea – Era un uomo di immensa bontà e sensibilità. Ma anche di immensa forza e determinazione. Un uomo che ci ha insegnato l’umiltà, il rispetto e la correttezza. È stato un papà modello. Lui non faceva il magistrato, lui era un magistrato. Per lui contavano i fatti, non i chiacchiericci. La sostanza, non all’apparenza. Una terribile malattia ce l’ha portato via”.

Più di duecento persone hanno partecipato al funerale nella chiesa di San Francesco di Paola, a due passi da quel tribunale che per quasi mezzo secolo è stato una parte della vita del magistrato, andato in pensione quest’estate dopo 43 anni di magistratura.

La funzione è stata celebrata da padre Antonio Porretto, amico personale del giudice Vincenti che da qualche anno si era avvicinato molto alla parrocchia di San Francesco di Paola.

“Non sei l’unico morto – ha detto durante l’omelia con lo sguardo rivolto al feretro – chissà quanta gente qui non sa amare, non sa perdonare. Cesare mi chiese una cosa umile da fare per aiutare la nostra comunità. Era disposto anche a fare le pulizie, voleva sentirsi vivo anche nella malattia”.

Non un cenno all’indagine che lo aveva coinvolto prima dell’estate con l’avviso di garanzia da parte della procura di Caltanissetta per un presunto episodio di rivelazione di segreto istruttorio e di corruzione nell’ambito dello scandalo del Palermo calcio che ha portato a processo Maurizio Zamparini, ha portato al fallimento la società per un crac milionario. In questa vicenda la procura nissena sostiene che Vincenti fece arrivare la notizia di un suo possibile arresto tramite l’ex presidente rosanero Giovanni Giammarva, in cambio di una consulenza per il figlio Andrea nel comitato etico creato dal club rosanero. Una ricostruzione che anche oggi il difensore del giudice e della famiglia, l’avvocato Paolo Grillo definisce “priva di fondamento e comunque non legata al gesto di togliersi la vita”.

Tantissimi i colleghi magistrati del tribunale e gli avvocati che in tanti anni si sono trovati Vincenti come giudice negli anni all’ufficio gip, prima ancora alle misure di prevenzione e alla procura generale di Palermo.

Soprattutto i colleghi dell’ufficio gip che aveva appena lasciato erano quasi tutti in chiesa questa mattina: Nicola Aiello (oggi giudice della quinta sezione del tribunale), Marcella Ferrara, Marco Gaeta, Fabrizio La Cascia (oggi presidente della terza sezione), Ermelinda Marfia, Lorenzo Matassa (oggi giudice della seconda sezione), Fabrizio Molinari (oggi giudice alla terza sezione), Guglielmo Nicastro, Maria Cristina Sala, Fernando Sestito (oggi giudice di corte d’Appello), Annalisa Tesoriere, Walter Turturici.

Tutti magistrati negli ultimi anni sono passati per l’ufficio gip diretto da Vincenti. Alla funzione hanno partecipato anche altri colleghi a palazzo di giustizia come il presidente del tribunale Salvatore Di Vitale che al termine della funzione ha preso la parola per un breve ma commosso ricordo di Vincenti uomo e magistrato.

“La professionalità di Cesare è fuori dubbio – ha subito messo in chiaro Di Vitale – Questo è un grande lutto per la magistratura italiana. Ha dimostrato per tutta la sua carriera di essere un magistrato dotato professionalmente e umano. Con una dote che tutti i magistrati dovrebbero possedere: l’equilibrio”. I

n chiesa c’era anche il procuratore generale Roberto Scarpinato, il procuratore aggiunto in pensione Leonardo Agueci, i sostituti procuratori Claudia Ferrari e Claudio Camilleri. Almeno cinquantina gli avvocati che si sono stretti attorno alla famiglia Vincenti. I figli Andrea e Federica sono avvocati anche loro. Massimo Motisi ha parlato per tutti i colleghi e per il presidente dell’ordine Giovanni Immordino impossibilitato a partecipare. “Oggi vogliamo ricordare cosa ha significato per noi avvocati avere lui come giudice: mai in 25 anni ho visto un tratto che fosse meno che elegante, mai un accenno di arroganza, mai scostante. Sempre semplice e autorevole. Così come sono gli uomini che non hanno nulla da dimostrare”.

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