Claudio Gioè sarà attore e regista dell’opera di Peter Weiss ispirata alle vicende Marchese de Sade. Lo spettacolo, dal titolo “Marat Sade”, debutta in prima nazionale venerdì 28 febbraio alle ore 21.00 al Teatro Biondo di Palermo nel nuovo allestimento prodotto dal Biondo e diretto dall’attore palermitano con la collaborazione di Alfio Scuderi.

Il popolare attore è anche protagonista dello spettacolo nel ruolo del Marchese de Sade, al fianco di Filippo Luna, che interpreta Marat, e di Silvia Ajelli, Antonio Alveario, Giulia Andò, Maurizio Bologna, Giulio Della Monica, Germana Di Cara, Ermanno Dodaro, Gaia Insenga, Raffaele Pullara, Fabrizio Romano. Le scene e i costumi sono di Enzo Venezia, le musiche originali, eseguite in scena, sono di Andrea Farri, le luci di Luigi Biondi e il suono di Pippo Alterno.

Marat Sade, il cui titolo esteso è “La persecuzione e l’assassinio di Jean-Paul Marat”, rappresentati dai filodrammatici di Charenton, sotto la guida del Marchese di Sade, andò in scena per la prima volta allo Schiller Theater di Berlino nel 1964 con la regia di Konrad Swinarski. Tre anni dopo, alla vigilia di quel ’68 che scuoterà l’Europa e il mondo intero, questo dramma in due atti, che propone una potente riflessione sul senso della rivoluzione francese e dei suoi protagonisti, avrà la sua consacrazione nella versione cinematografica di successo diretta da Peter Brook.

L’autore, ispirandosi alla biografia del celebre e discusso Marchese de Sade, immagina che durante la sua detenzione presso il manicomio di Charenton, all’inizio dell’800, questi metta in scena un dramma ispirato alla rivoluzione francese affidandone i diversi ruoli agli internati.

Il testo di Weiss vede da un lato il personaggio di Marat, “marxista” ante-litteram, completamente immerso nella necessità dell’azione, un rivoluzionario puro, e dall’altro il borghese intellettuale Sade, che rivendica l’importanza di un individualismo soggettivo e libero che anticipa le derive egoistiche dell’intellettuale moderno. Tesi ed antitesi sono messe in scena da una compagnia di pazzi diretta dallo stesso Sade, e il manicomio diventa un luogo dove la libertà viene evocata e agita in tutta la sua forza.

Come spiega Claudio Gioè: «è forse questo il testo di Weiss che più riflette sulla propria dicotomia autobiografica che lo vede autore e intellettuale a metà tra Artaud e Brecht. Il linguaggio scelto è esattamente a metà strada tra il teatro oggettivo di Brecht che vuole “cambiare il mondo” e le esperienze espressioniste del teatro della crudeltà di Artaud. Mi sembra che una riflessione sul senso della rivoluzione francese che provenga dal sud d’Europa oggi possa essere utile e necessaria».