E’ di questi giorni la notizia, diffusa in occasione della presentazione del dossier dell’Autorità sui casi corruttivi negli ultimi tre anni, secondo cui la Sicilia, da sola, ha gli stessi casi di tutto il Nord Italia. Il Presidente uscente, Raffaele Cantone, prima di rientrare nei ranghi della magistratura, ha voluto sintetizzare i dati sottoposti all’attenzione dell’A.N.A.C., e in ciò supportato dalla Guardia di Finanza, stilando una classifica della dislocazione geografica – regione per regione – dei casi sottoposti all’attenzione dell’Autorità negli ultimi tre anni, specie nel settore maggiormente sensibile e cioè quello degli appalti pubblici, dove si annida in massima parte il malaffare.

Parte da qui la lunga considerazione dell’avvocato Giovanni Cacciatore, funzionario dell’Azienda sanitaria Provinciale di Palermo la cui amara riflessione che di fatto diventa anche una forte denuncia sociale BlogSicilia ha deciso di ospitare come contributo ad un dibattito che ci si augura possa decollare.

“Invero, il dato appare molto limitato e limitativo rispetto alla reale diffusione del fenomeno, considerato che nel triennio l’A.N.A.C. ha registrato in Sicilia solo 28 fatti di corruzione, pari al 18,4% del dato nazionale, a fronte di un numero di casi pressoché uguale a quello registrato in tutte le regioni del nord Italia. Senza volersi addentrare in analisi socio-criminologiche che non ci appartengono, è fuor di dubbio che tenuto conto del numero di pubbliche amministrazioni presenti in ogni Regione e tenuto conto del percepito disvalore tipico della nostra società post – moderna, il dato presentato dall’Autorità con il dossier “La corruzione in Italia nel triennio 2016-2019: numeri, luoghi e contropartite del malaffare” stimola un amaro sorriso.

Se è vero, com’è purtroppo vero, che: “I reati quindi costituiscono una sotto-categoria dei comportamenti di deviazione dal modello culturale condiviso” (Merton, 1968), e se è altrettanto vero che per spiegare i fenomeni criminali non bisogna limitarsi a fare riferimento alle caratteristiche delle persone che delinquono, “ma a quelle del gruppo a cui queste appartengono…” (Barbagli, Colombo e Savona, 2003), non possiamo non riflettere su quella che deve essere, anche nel comune sentire, la reale incidenza, anche numerica, delfenomeno corruttivo nella Pubblica Amministrazione italiana e siciliana. Basti considerare che, secondo una stima del 2018 di Unimpresa, il fenomeno corruttivo in Italia fa diminuire gli investimenti esteri del 16%, facendo contemporaneamente aumentare il costo degli appalti addirittura del 20% e quindi necessariamente impoverire l’economia del Paese. Il dossier A.N.A.C. , dopo aver mostrato che il 74% dei casi corruttivi su cui si è aperta un’istruttoria dell’A.N.A.C., riguarda il settore degli appalti pubblici e che il restante 26% attiene alle ulteriori procedure “sensibili” (concorsi pubblici,concessioni edilizie, corruzione in atti giudiziari, ecc., oggetto infatti di particolare focus da parte della legge anticorruzione L.190/2012), ha ulteriormente evidenziato un fenomeno venuto inevidenza negli ultimi anni e cioè che strumento dell’accordo illecito non è soltanto il denaro contante (che si riscontra comunque nel 48% dei casi esaminati), ma anche altre forme di “merce di scambio” quali le assunzioni (“il posto di lavoro quale nuova tangente”, così si esprime l’A.N.AC.) di congiunti o amici legati all’infedele dipendente pubblico, che si è verificata nel 13% dei casi, ovvero la richiesta di prestazioni professionali, solitamente sotto forma di consulenze (vere o presunte), ovviamente affidate a parenti, congiunti o comunque a persone legate variamente al corrotto.

E’ il fenomeno della così detta “smaterializzazione della tangente”, nato dall’esigenza di evitare il problema della conservazione del denaro contante frutto della corruzione. In conseguenza del fenomeno gli ulteriori benefici oggetto del pactum sceleris sono poi stati individuati in beni quali benzina, pernottamenti, pasti, ma anche ristrutturazioni edilizie, giardinaggio e financo “prestazioni sessuali”, di tal che il dossier di Cantone ha, tristemente evidenziato “…la facilità con cui viene talora svenduta la funzione pubblica ricoperta”. Il Dossier A.N.A.C. non poteva non concludere l’analisi auspicando un rafforzamento dell’attività di prevenzione, sottolineando la preoccupazione nei confronti di meccanismi di deregulation recentemente introdotti, verso i quali l’A.N.A.C. ha manifestato perplessità. Cantone ha comunque evidenziato, come nota positiva, i miglioramenti fatti in Italia, in tema proprio di prevenzione della corruzione, con riconoscimenti ricevuti dai più autorevoli organismi internazionali quali l’O.N.U., la Commissione europea, l’Ocse, il Consiglio d’Europa e l’Osce, che farebbero, il condizionale è d’obbligo, far ben sperare per l’avvenire. In tal senso un ruolo importante è svolto dai Responsabili anticorruzione, istituiti in ciascuna amministrazione a seguito dell’entrata in vigore della Legge 190 del 6.11.2012,considerato che in tale contesto il concetto di “corruzione” ha avuto dal legislatore una portata più ampia di quella penale, così da ricomprendere condotte amministrative che, sviando dal perseguimento dell’interesse generale possono sfociare in comportamenti inquinanti del corretto agire a cui è chiamato il dipendente pubblico.

Avv Giovanni Cacciatore, funzionario dell’Azienda sanitaria Provinciale di Palermo

(nella foto il Presidente uscente Anac Raffaele Cantone)

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