Un bambino italiano di nove anni, un corso di inglese a Malta, il conseguimento della certificazione Link School A1. Nulla di strano se non fosse per il fatto che il bambino in questione sia affetto da deficit pervasivo dello sviluppo psicologico. Filippo è un bambino “speciale”, frequenta il quarto anno della scuola elementare Pietro Novelli di Monreale, in provincia di Palermo.
Un bambino autistico, che ha accolto la sfida lanciatagli dalla sua insegnante di sostegno e pienamente condivisa dai suoi genitori.
Ma che non è nuovo a queste sfide. Già ad ottobre 2016 aveva affrontato, assieme a pochi compagni, ad un gruppo di maestre e all’immancabile insegnante di sostegno, un viaggio alla volta di Sondrio per l’inaugurazione dell’Anno Scolastico 2016-17. Rigorosamente senza i genitori. “La prima significativa tappa – spiega Maria Rosa Buono, la sua insegnate di sostegno – che, unita a quest’ultima intensa esperienza, si spera possa arricchire il percorso personale di Filippo, a tal punto da poter diventare un vero e proprio stile di vita per lui, oltre che un esempio innovativo per gli altri”.
La prima fortuna di Filippo sta nell’avere avuto una famiglia molto attenta, ostinatamente impegnata nel presentargli adeguati stimoli di crescita. Già nei primi diciotto mesi di vita la sua mamma aveva percepito che qualcosa nel bambino non andava. Malgrado le rassicurazioni del medico di base, lei continuava a vivere con disagio il rapporto madre-figlio. Questo intuito ha permesso al bambino, già da piccolissimo, di essere sottoposto a terapie adeguate. La seconda fortuna sta nell’avere incontrato nel suo percorso scolastico Maria Rosa, l’insegnante che ha creduto nelle facoltà di Filippo e nella sua capacità, se adeguatamente supportato, di uscire dal suo piccolo mondo per vivere la sua diversità perfettamente inserito in quello dei suoi coetanei.
Ed ecco la costante dedizione a stimolarne le potenzialità, a fargli valicare qualsiasi barriera, ad accogliere le sfide che potessero spingere Filippo a divenire un ragazzo sempre più inserito nella società dei normodotati.
“E’ venuta quasi naturale – racconta la Buono – l’idea di portare il bambino a Malta, assieme ai suoi compagni, per conseguire la certificazione in inglese, ma soprattutto per fargli continuare il percorso formativo, caratterizzato da un’esperienza condotta in autonomia, lontano da casa e dai genitori, all’interno del gruppo dei pari”.
Lo scorso maggio Filippo prende l’aereo per l’isola del Mediterraneo dove trascorre cinque giorni senza papà e mamma, così come gli altri suoi venti compagni. Affronta il corso tenuto da insegnanti madrelingua per approdare poi all’esame.
Tutto fluisce normalmente. La tensione attanaglia tutti i ragazzi, i mal di pancia prima di affrontare l’esame, la paura di non farcela. Tutto normale. Poi il test da affrontare e il colloquio con il docente.
L’esame viene brillantemente superato, il risultato comunicato ai genitori per telefono, l’agognato certificato sbandierato via whatsapp ai compagni, agli amici.
Una sfida vinta, nonostante lo scetticismo di molti, anche di quei colleghi che continuano a gestire i ragazzi autistici all’interno del loro mondo, ovattato, distante da quello dei loro coetanei.
La Buono sottolinea l’importanza costituita da questo viaggio, “Una vera e propria sfida data la delicata particolarità dell’esperienza vissuta.
Il viaggio possiede la capacità di cambiarci in qualche modo, di formarci veramente”.
Come avrebbe fatto un bambino di quasi dieci anni, autistico, quindi che fatica, a volte, a scindere la sua personalissima realtà da quella circostante, tendenzialmente percepita come disturbante e ostile, ad interagire con i molteplici stimoli tutti diversi fra di loro e, soprattutto, tutti insieme?
Come sarebbe riuscito ad affrontare quello che, analizzato con l’aridità delle statistiche, risulterebbe più uno stress che un’esperienza formativa?
“Questi quesiti hanno macerato per mesi di pressanti dubbi le nostre fluttuanti certezze, fino alla sofferta ma determinata decisione finale, quella di accogliere la sfida, di viverla fino in fondo, a qualsiasi costo, immergendoci tutti, consapevoli delle possibili difficoltà, in un sommerso misconosciuto, di cui non potevamo ipotizzare né la profondità, né le possibili vie d’uscita.
Il fatto è che sull’autismo si dice tutto e il contrario di tutto, forse perché sull’autismo quel “tutto” ancora non è chiaro, ancora non si comprende con millimetrica certezza scientifica. Allora, di fronte a svariati tentativi ed errori, non resta che seguire l’istinto. Fidarsi dei medici, degli studi, delle statistiche è fondamentale, si direbbe è una “condicio sine qua non”, ma fidarsi di sé stessi diventa, in alcune circostanze, la leva in più che ci permette di coltivare un sogno e di provare a realizzarlo concretamente, a discapito di chi “ne sottolinea l’incoscienza” o del disappunto di detrattori vari, che inevitabilmente si aggrappano agli stereotipi. Noi questo sogno, limitato a una porzione di tempo rubata alla quotidianità, lo abbiamo realizzato, anche solo per seguire, in stretta sinergia con la famiglia, l’excursus di un sorprendente adattamento ad ambienti diversi e ritmi sostenuti, solo per vivere un’esperienza che possa farci comprendere qualcosa in più di una “condizione sfuggente ma affascinante, oltre che complessa e sofferta”, o semplicemente solo per poter cogliere sul volto di un alunno, di un figlio, di un bambino, il risveglio di nuove motivazioni, emozioni e dimostrazioni tangibili di un coinvolgimento che diventa essenziale, anzi vitale”.
L’esperienza maltese è stata la cartina di tornasole della correttezza del percorso di inclusione condotto negli anni. Ha svelato un Filippo inedito, decisamente più autonomo del previsto, capace di seguire le regole del gruppo, capace di adattarsi ad ogni nuova situazione, dal cibo diverso, alle lezioni in un ambiente completamente differente da quello scolastico a lui noto; un Filippo linguista che si sforza di comprendere e rispondere in inglese; un Filippo sportivo, capace di sostenere il ritmo di lunghe camminate alla scoperta di città e paesaggi sconosciuti; un Filippo entusiasta dinnanzi alle splendide vasche dell’Acquario di Malta, intento a spiegare ai compagni ogni particolare tipologia o provenienza dei pesci, con il piglio competente di un biologo marino; un Filippo turista, che sa scegliere e acquistare souvenir, personalizzandoli per i vari componenti della sua famiglia, un Filippo amichevole, che sa partecipare a un pigiama party improvvisato in albergo e riesce a ritagliarsi un ruolo attivo durante i giochi, che chiede informazioni e interagisce tranquillamente con tutte le insegnanti del nostro gruppo, anche quelle che non conosceva prima di questo viaggio.
“Ciò che abbiamo osservato è un Filippo “forse felice” o comunque sicuramente più appagato, che ha saputo raggiungere una meta davvero importante, che lascerà segni indelebili e traccerà la concreta speranza di poter raggiungere mete sempre più ambiziose”.
E la prossima sfida che attenderà Filippo? L’ha lanciata lui stesso al rientro da Malta: “Voglio andare a New York”.