I luoghi dello spaccio erano quelli più disparati: nei garage, nei rioni, sull’uscio di qualche appartamento. Qualsiasi posto fosse abbastanza appartato, con occhi guardinghi per scrutare qualche eventuale “impiccione”. Non sapevano che invece a distanza gli occhi indiscreti c’erano, eccome, ed erano quelli di carabinieri e polizia che li stavano braccando da tempo. Ad incastrare i 31 indagati tra Palermo e Bagheria, finiti nella rete dell’operazione antidroga “Pandora”, telecamere, cimici e intercettazioni telefoniche.

La “benzina” come droga

Secondo quanto ricostruito da polizia e carabinieri il quartiere di Ballarò era in pratica il quartier generale da dove partiva la droga e veniva poi smerciata tra altri quartieri palermitani come Cep, Borgo Nuovo e Partanna Mondello. Come al solito i componenti del sodalizio avevano creato dei messaggi in codice per provare a eludere eventuali intercettazioni: si parlava di benzina per indicare la droga, oppure moto non funzionante per esternare la propria insoddisfazione sulla qualità dello stupefacente. C’è anche un dialogo tra madre e figlio con quest’ultimo che chiede disperatamente di avere la “benzina” (droga) perché da tre ore è senza e non ce la fa più.

Una macelleria come riferimento

C’è una macelleria di via Camarda che emerge come luogo dove avvenivano le vendite più sostanziose di stupefacente. Spuntano tra gli indagati Walter Parisi, Maurizio Randazzo, Giuseppe e Marco Di Francesco, Walter, Antonio e Pietro Pitasi, Rosa Colombo, Giuseppina Magnasco, Gioacchino Di Maggio, Angelo Costa, Fabrizio Davì tra gli altri. Sono i nomi che ricorrono maggiormente nelle intercettazioni. Le accuse sono a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, trasporto, cessione, commercio e vendita di stupefacenti. Il traffico e vendita di sostanze stupefacenti di cocaina, eroina ed hashish arrivava anche nella provincia di Trapani.

Due organizzazioni

Secondo gli inquirenti sarebbero state due diverse le associazioni a delinquere finalizzate al traffico di stupefacenti. Gli arrestati, nel settembre scorso, erano già stati fatti destinatari di un’altra misura cautelare emersa nell’ambito di un’attività d’indagine, sempre coordinata dalla predetta Dda. I gravi indizi scaturiti dall’odierna attività investigativa, partita dallo sviluppo di un filone a sé stante e riguardante una violenta rapina ad un anziano compiuta a Bagheria, chiarirebbero la rilevante portata dell’attività di spaccio e confermerebbero che l’antica rotta della droga tra le province palermitane e trapanesi sarebbe sempre particolarmente attiva. Attraverso costanti approvvigionamenti dalla vicina piazza palermitana, il sodalizio bagherese riuscirebbe non soltanto a rifornire al dettaglio pusher locali ma anche marsalesi e quindi a far giungere lo stupefacente anche in quella provincia, con consegne anche “a domicilio”.

Coesione senza dissensi

Il gruppo degli associati, secondo l’ipotesi dell’accusa, avrebbe raggiunto un tale grado di coesione criminale da non ammettere “dissensi interni”, che sarebbero stati soffocati sul nascere anche quando avrebbero espresso critiche nei confronti della presunta scelta di coinvolgere anche minori nell’attività di spaccio. Nel corso dell’attività erano già state arrestate in flagranza di reato 4 persone e sequestrati circa 110 grammi di cocaina e 170 grammi di eroina.

 

 

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