Passione, determinazione con un pizzico di caparbietà, attaccamento alle proprie radici. Un’alchimia perfetta valorizzata ed esaltata dalla vocazione a creare il buono e bello in cucina.

Sono queste le caratteristiche distintive di Andrea Matranga, chef palermitano consacrato al successo dalla televisione ma soprattutto dalla sua bravura.

La straordinaria avventura professionale – ma anche umana – di Matranga, che ha appena compiuto 50 anni, inizia un quarto di secolo fa. Oggi è in tv con Anna Falchi su Telenorba, dove partecipa alla trasmissione “Anna e i suoi fornelli”.

BlogSicilia ha deciso di intervistarlo per capire di più sul nesso tra cucina e televisione e farsi svelare qualche segreto su come si costruisce una carriera di successo.

Lei è molto conosciuto per la sua partecipazione a trasmissione televisive. Come mai uno chef siciliano in una trasmissione con una forte componente pugliese? Lo ritiene un riconoscimento, una singolarità, un caso, oppure cos’altro?

In effetti sono l’unico chef fuori sede, non spetta a me dirlo ma credo che entrino tante componenti in gioco, tra queste sicuramente la meritocrazia ha giocato un ruolo fondamentale. In televisione non ti regala niente nessuno, devi “funzionare” altrimenti resti a casa e non basta saper solo cucinare ma devi anche saper catturare il pubblico, meritare il loro affetto. La cosa non è facile, considerato che il pubblico è maturo, si è fatto una cultura televisiva importante, ha dei parametri di riferimento che prima non aveva, quindi devi essere bravo sia come chef che come intrattenitore, altrimenti si annoiano e cambiano canale.

Quanto ha pesato la sua scelta e come e’ maturata, ovvero il passaggio dalla prova del cuoco in Rai a Telenorba , una realtà profondamente diversa e quanto le è servita l’esperienza in Rai?

Nessun peso..ho agito d’istinto e con il senno del poi lo rifarei altre cento, mille volte. Se Antonio Azzalini (ex responsabile intrattenimento di Rai 1) punta su di te non stai a pensarci su due volte… Lavorare a Telenorba con grandissimi professionisti come gli autori ex Mediaset e Rai, con Michele Cucuzza, Mary De Gennaro e poi Anna Falchi..(Annuccia come la chiamo affettuosamente io) non ha prezzo, anche se devo moltissimo di questo successo a “La prova del cuoco” che mi ha insegnato tantissimo e a cui sarò eternamente grato.

E’ forse una occasione per far valere e conoscere la Sicilia, la sicilianità e la nostra cucina ?

Come sempre mostrerò la Sicilia gastronomica ma soprattutto la mia cultura gastronomica internazionale, che trae comunque ispirazione dalla mia terra d’origine.

Quali sono gli elementi che determinano la differenza tra uno chef ed un ottimo chef?

Non accetto che un professionista ben pagato, come lo sono nella mia categoria, non sia un ottimo chef…Con questo intendo che uno chef dovrebbe essere preparato dal punto di vista tecnico-gastronomico (cosa che do per scontata) ma anche avere una forte presenza mediatica: lo chef moderno non è più chiuso in cucina 20 ore al giorno ma deve anche presenziare in televisione, essere presente con aggiornamenti costanti sui social…è quindi costretto a delegare i suoi validi collaboratori. Questa non è semplice vanità, ormai è una necessità. La figura dello chef è la massima rappresentazione del suo ristorante, egli è l’azienda, deve quindi promuovere se stesso per apportare giovamento all’azienda…

Ormai esistono innumerevoli programmi di cucina, tutti seguitissimi. A cosa è attribuibile un così ampio successo di pubblico?

Inizialmente si pensava (erroneamente) che fosse una moda e come tale destinata a durare poco. Invece ci si è accorti che, dopo 20 anni dalla prima apparizione di uno chef in televisione, i programmi di cucina sono ancora i più gettonati. Il perché sta nel fatto che tutti mangiamo e a tutti piace mangiare bene ..ma non tutti sono in grado di farlo e si pensa che guardando i programmi sulla cucina si possa imparare a cucinare…cosa che in parte è anche vera..Infatti tirano maggiormente i programmi di cucina nazional-popolari, ancora più di quelli di nicchia, che sono seguiti soltanto da pochi addetti ai lavori. Programmi come “La prova del cuoco” e anche il nostro “Anna e i suoi fornelli” sono l’esempio di ciò che dico.

Come definirebbe il cibo?

La più alta forma d’arte. Il cibo ingerito, penetrando all’interno di un corpo diventa tutt’ uno con il corpo stesso, generando una forma d’intimità tra colui che lo ha offerto (cuoco) e colui che lo ha accolto (commensale). Nessun altro tipo di arte potrà mai dare questa intimità assoluta.

E la cucina invece? Alcune testate giornalistiche internazionali hanno, nel tempo, ma anche recentemente, definito quella siciliana la migliore al mondo. Lei cosa ne pensa?

Io credo che queste classifiche siano molto soggettive e sensibili alle mode del momento. Personalmente adoro la cucina siciliana e credo di poter dire senza timore di smentita, che è la più ricca e varia al mondo. Per me potrebbe essere la più buona e magari lo è, ma per gli altri?
Il mondo è veramente grande così come il mondo del food. Esistono diverse culture gastronomiche, tutte meravigliose e con la presenza di tecniche uniche e materie prime importanti. Invece di essere campioni del mondo preferisco dire che non siamo secondi a nessuno.

Qual è il piatto più ‘difficile’ che ha preparato? E per chi?

Più che un piatto era un menù che realizzai all’epoca per il quarto uomo più ricco del Giappone. Mi fece arrivare a Fukui -Shi in un paio di giorni perché voleva festeggiare il suo anniversario di nozze e aveva prenotato il ristorante “Cascina “ (60 posti) solo per sua moglie e suoi due figli.
Mi era stato detto che con la mia brigata dovevamo fare una cena a base di tartufo bianco d’Alba, dall’antipasto al dessert, dodici portate in tutto con l’unico scopo di riuscire ad emozionare la moglie.
Vi assicuro che servire dodici portate con del tartufo, senza fare sentire solo il tartufo e riuscire ad equilibrare tutto per far distinguere bene i sapori delle singole portate, non è affatto facile. Dopo quella cena il signore in questione prenotò il ristorante per tutte le domeniche sere per la sua famiglia e ogni volta, prima di andare via, mi dava il leitmotiv della domenica successiva, ossia l’ingrediente principe… E io creavo…Ricordi fantastici.

Quali sono, se può svelarceli, i suoi progetti futuri? Continuerà a fare televisione?

Si, amo la televisione, a differenza di tanti altri che per fare i ‘fighi’ (poi non so il perché) dichiarano che a loro non piace e che sono costretti ad andare in televisione, io invece spero di continuare ancora a lungo. Forse perché ho mosso i miei primi passi in una grande scuola di intrattenimento come la Valtur, fucina di grandi talenti televisivi e cinematografici. L’occhio rosso della telecamera che si accende mi fa lo stesso effetto che fa ad un toro il colore rosso: sale l’adrenalina, parto e non mi fermo più.

Scelte particolari e per certi versi coraggiose quelle fatte da Lei. Un modo diverso di fare food in tv. Ci racconta come nasce questa innovazione e se ritiene che novità e scelte siano elementi importanti di questo successo o quali sono gli altri ingredienti’.

In effetti si, io sono un passionale e questo per me è un pregio, mi permette di “sentire” ciò che il mio corpo e la mia anima mi suggeriscono e io agisco di conseguenza. Questo modo di essere lo trasmetto in televisione, così come nei miei piatti, io non so fingere, non so seguire un copione, quello che traspare dal teleschermo è reale, non c’è nulla di preincartato. Il pubblico lo avverte e lo apprezza molto. Questa mia spontaneità però, nonostante sia amata dal pubblico, spesso è temuta da altri perché vista come un pericolo in quanto non gestibile…. Ci sono tantissimi format di cucina e molti anche di livello. Io penso che la massaia, l’impiegato, lo studente, il disoccupato, abbiano già da pensare a cose serie. Sono stanchi, magari incazzati e quando accendono la televisione per seguire un programma sulla cucina non vogliono solo vedere e sentire guru che dall’alto del loro trono sentenziano e si atteggiano a super star. Le persone vogliono imparare a cucinare cose buone, belle e soprattutto desiderano trascorrere 30 minuti spensierati, imparando a cucinare con un sorriso. Io riesco a fare questo e l’accoppiata con Anna Falchi, con la quale giochiamo sulla sua fisicità e bellezza ma è anche dotata di grande sapienza gastronomica, non poteva che essere vincente. Gli ascolti infatti ci hanno dato ragione. Nelle nostre fasce orarie abbiamo avuto picchi leggermente superiori ad alcune reti Rai e Mediaset.

C’è anche chi ha paragonato i  vostri ‘siparietti’ un po’ a quelli di casa Vianello. Come dire  i Vianello dei fornelli. Si rivede in questa definizione?

Che grande responsabilità! Al pensiero mi tremano le gambe! Allo stesso tempo mi riempie d’orgoglio e mi indica che la strada intrapresa è quella giusta, con Anna c’è un feeling straordinario. Siamo andati in onda senza mai esserci visti prima eppure dalle nostre puntate non si direbbe. Ci siamo trovati subito a nostro agio e credo che abbiamo dato l’impressione di lavorare insieme da anni. Ci guardiamo e ci capiamo al volo..così come con Mary De Gennaro, con la quale, nell’unica puntata che abbiamo fatto insieme, siamo riusciti a far scatenare il web con critiche più che positive a causa di un ingrediente giapponese che ha calamitato l’attenzione di moltissimi telespettatori…

Andrea Matranga è un figlio di Sicilia. Cosa porta con sé delle sue origini in queste esperienze? Isola delle Femmine, la cittadina marinara dalla quale proviene, per chi conosce quei luoghi e non solo per i palermitani sembra sempre presente o è solo un ‘impressione nostra da siciliani?

Io sono di Isola delle Femmine e tutto ciò che sono, nel bene e nel male, lo devo alle mie origini che mi hanno ispirato nella creazione di alcuni miei cavalli di battaglia (come “ricordi isolati” , ispirato all’isolotto di origini saracene che splende a poche centinaia di metri dalla costa di Isola delle Femmine). In ogni mio piatto c’è sempre la contaminazione della mia Isola ovunque vada, sia in Italia che all’estero. Isola è sempre con me.

Per un siciliano forse è ancora più difficile da immaginare ma Andrea Matranga significa anche Giappone. Come si sposa la nostra cultura non solo culinaria con quella così diversa dei giapponesi?

Il Giappone è la mia seconda Patria, ormai lavoro con il Giappone da oltre 15 anni. La cucina Giapponese è molto ricca di materie prime sapientemente lavorate. I giapponesi fanno della tecnica gastronomica la loro arma vincente, hanno un vero e proprio culto su come va trattato ogni singolo elemento che madre natura fornisce. Da loro ho imparato la gestione degli stati d’animo, che in cucina è molto più utile di quello che si possa credere, il grandissimo rispetto per il cibo, ho imparato il senso del bello e del buono e delle proporzioni, il rispetto per la natura (nulla si spreca). Ma tutto questo non lo impari in cucina; lo impari vivendo il Giappone a 360 gradi e poi ti accorgi che tutto ciò fa parte del loro dna e quindi lo ritrovi anche nel loro modo di intendere la cucina. L’uomo perfetto è sicuramente un mix tra italiano e giapponese.