Giuseppe Tantillo, arrestato a dicembre dello scorso anno, sta facendo tremare la mafia del Borgo Vecchio. Ha consegnato agli inquirenti il libro mastro del pizzo riscosso dalla cosca ed accusa il fratello Mimmo di essere stato un pezzo grosso dell’organizzazione criminale.

Stando a quanto racconta Tantillo, diverse aziende che lavorano al porto, soprattutto ditte di trasporti, sono strette nella morsa del racket.
Sarebbero due i clan a spartirsi ‘la torta’ del pizzo nel centro di Palermo, quello di Borgo vecchio e quello di Ballarò, i cui aderenti avrebbero bisogno di grandi liquidità di denaro per sostenere le famiglie dei numerosi esponenti in carcere.

I nomi forniti da Tantillo sono ora al vaglio dei sostituti procuratori Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco. Si tratta di piccoli imprenditori, commercianti, titolari di pub a Borgo Vecchio e Ballarò. Ma oltre alle estorsioni, al porto i boss compivano furti per ricavare quanto più denaro possibile.

“I proventi li portavano Giuseppe La Torre e Danilo Gravagna”, ha detto Tantillo, come riporta Repubblica Palermo.
La Torre poi, sarebbe uno che non ha timore di nulla. Insomma, un delinquente in piena regola.
Estorsioni e furti però, non basterebbero ai boss, che fanno affari anche con la droga.

Tantillo ha raccontato ancora: “Tre anni fa, La Torre partecipò anche lui con una quota di 16 mila euro all’acquisto di una partita di droga. Consegnammo complessivamente 42 mila euro a quelli di Falsomiele, l’affare era stato procacciato da Rocco Marsalone, la droga arrivava dal fratello. Abbiamo incassato un guadagno di seimila euro”.

Per procacciarsi la droga da spacciare, serve un organizzatore ed alcuni investitori. Quando arriva la si spartisce tra chi l’ha acquistata e dovrà poi rivenderla.

“Con molti amici – ha svelato ancora Tantillo – abbiamo fatto una bicchierata in via Dei Cassari, nel locale dove c’ è il coccodrillo appeso. La riunione si è tenuta di pomeriggio, il locale era chiuso al pubblico. C’ erano Calcagno, Ludovico Scurato, Salvo Mulè, Tonino Vannucci, Rocco Marsalone, io e mio fratello”. I boss del Borgo Vecchio avrebbero anche un altro fornitore, il cui nome è stato fatto ancora da Tantillo: “È Alessandro Bronte, ci dava 200 grammi di cocaina a settimana, per 10.200 euro”.

Intanto a Borgo Vecchio, nel chiosco più noto di Palermo, roccaforte dei Tantillo e di loro proprietà, la tensione è alta.

Giuseppe Tantillo è cresciuto qui, ma nel vicinato ognuno dice di non conoscerlo. Come se non fosse mai esistito.
I giornalisti di Repubblica Palermo, Salvo Palazzolo e Giorgio Ruta, sono andati nel quartiere per comprendere la reazione degli abitanti alle rivelazioni di Tantillo. “Giuseppe Tantillo è morto, lo sanno tutti qui”, gli dice un giovane in scooter, suggerendogli che non sia il caso di parlarne e far domande a tal proposito.

Nel chiosco c’è l’anziano padre dei Tantillo ed i fratelli.
“Per noi è morto – urla una delle tre sorelle – è immondizia”. E ripete: “Non dovete più pubblicare la foto di questo chiosco”.
“È morto”, continua a urlare la sorella. “E ora andate via, altrimenti vi scanno”, la donna sferra un calcio ai giornalisti.

Giuseppe Tantillo ora vive in una località segreta. La sua famiglia, che vuole mostrarsi più unita che mai, si è dissociata dunque dalla sua scelta di collaborare con la giustizia.