Parte la rivolta degli ospedali. Da Cefalù a Noto e scontro sull’ipotesi di rimodulazione della rete. “Stavamo uscendo dal tunnel, abbiamo visto la luce e ora cercano di farci tornare indietro di circa 15 anni”. E’ duro il presidente della Fondazione Istituto Giglio di Cefalù, Giovanni Albano, (nella video intervista) sulla rimodulazione della rete ospedaliera siciliana.

“Non pensavamo che si arrivasse a questo. La situazione è drammatica. Stiamo cercando di aprire una interlocuzione con l’Assessorato alla Salute, con il Ministero alla salute, con il territorio. L’ospedale dovrà chiudere 5 unità operative fra cui: urologia, oncologia, neurologia, chirurgia vascolare, l’emodinamica, che sono state il fiore all’occhiello di questo ospedale ed hanno contribuito a salvare centinaia di vite umane. Questo, con la riduzione del budget, determinerà l’insostenibilità finanziaria dell’azienda. La chiusura di queste divisioni porterà inevitabilmente alla chiusura dell’ospedale. Il primo step sarà al 31 dicembre 2016 dove si rischia di mandare a casa da  300 a 400 persone.

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La Regione – ha continuato Albano – riveda la valutazione sull’ospedale Giglio basandosi esclusivamente su criteri di qualità. Questa struttura supera i 20.000 accessi di pronto soccorso annui, ne registra 23 mila ed ha un bacino di utenza che i nostri tecnici hanno stimato, sulla base della provenienza dei pazienti, di ben  596.971 abitanti. I ricoveri nell’ultimo anno sono stati 7100. L’indice di complessità delle attività effettuate in tutte le discipline è superiore alla media regionale. Abbiamo azzerato i debiti con le banche e abbiamo chiuso il nostro bilancio con un attivo di 500 mila euro. Siamo una Fondazione solida e di eccellenza”, ha rilevato.  Come si fa con questi parametri –mi chiedo e chiedo – a trasformare un ospedale di primo livello a presidio di base?

“Sono fiducioso – ha detto in conclusione il presidente Albano  – che alla fine il buon senso prevarrà e questo ospedale continuerà a operare nell’interesse della comunità siciliana”.

E in mattina anche i dipendenti dell’ospedale di Cefalù hanno inscenato un’assemblea all’interno della struttura sanitaria. C’è forte preoccupazione per il futuro dell’ospedale e per i pazienti seguiti al Giglio. I dipendenti hanno costituito un comitato che incontrerà in mattinata il sindaco di Cefalù.

Se a Cefalù si piange a Noto non si ride e anche lì è in atto una vera e propria rivolta degli ospedali. “La proposta di nuova rete ospedaliera che prevede la chiusura, nei fatti, dell’ospedale di Noto attraverso la sua trasformazione in ospedale di comunità è irricevibile ed inaccettabile – dice senza mezzi termini l’assessore Bruno Marziano –  per più ragioni. La prima è che annulla gli impegni più volte assunti dagli assessori alla sanità in questi ultimi anni. Cancella la struttura di ospedali riuniti Avola Noto ed impoverisce la sanità della zona sud della provincia di Siracusa. La seconda ragione è che non ci sarebbe dove allocare i posti letto di riabilitazione e lungo degenza che verrebbero eliminati a Noto”.

L’attacco del responsabile dell’Istruzione della giunta Crocetta ma eletto proprio in quel comprensorio è chiaro e diretto al collega di giunta “La terza ragione – continua – è che violerebbe norme di legge e decisioni politiche assunte dall’assemblea regionale siciliana rompendo quel l’equilibrio che mi aveva portato finora, non senza travaglio personale,a sostenere la proposta di rifunzionalizzaziine del nosocomio di Noto”.

Poi Marziano cerca di ammorbidire i toni ricordandosi di essere un componente della giunta di governo “Prendo atto positivamente della dichiarazione di disponibilità dell’assessore Gucciardi a discutere tale proposta ed a rimetterla in discussione. Ove questo non dovesse verificarsi dichiari fin da ora che sosterrò tutte le iniziative politiche e legali che la comunità di noto vorrà mettere in atto per ottenere il rispetto degli impegni e la tutela del diritto alla salute dei suoi cittadini e di quelli dell’intera zona sud che ove queste proposte venissero attuate vedrebbero impoverita nel suo complesso l’offerta sanitaria in tutta la zona”.