Nel mandamento di Corleone c’era molta fibrillazione. Da un lato i boss Lo Bue dall’altro il nipote di Bernardo Provenzano, Carmelo Gariffo, uno degli uomini che consegnava i pizzini del boss, che appena uscito di prigione aveva bisogno di denaro per sé e per i suoi uomini.

Agiva con calma e prudenza Gariffo, proprio seguendo gli insegnamenti dello zio. I carabinieri lo ascoltano mentre spiega il metodo Provenzano ad Antonino Di Marco.

“Allora, siccome sono un pochettino in quei modo, – dice Gariffo intercettato dai militari -e un poco forse non io so, se devo dire, lasciarli andare io non voglio credere che si sono lasciati andare, con suo padre a ruota libera così, e poi lo fanno, lo fanno, allora ti devo dire che noi altri, intelligentemente e per non fare succedere bordello, perchè a succedere bordello ci vuole. Perchè se io non ragionassi, con tutto quello che ho sentito, mi dovrei mettere due pezzi di ferro in tasca, e dove arriverei ci metterei una canna”.

“Questo l’ho pensato pure io” dice Di Marco.

“Siccome però la mia scuoia non è questa, – aggiunge Gariffo – la mia scuola è un’altra e penso che ti dovesse risultare più di una volta, che la mia scuola è un’altra giusto? E allora noi altri tutte queste cose le dobbiamo evitare, dobbiamo essere intelligenti a non fare capire tante cose e nemmeno che gli leviamo le cose di mezzo, quindi attenzione quando parliamo”.

Carmelo Gariffo finito in carcere nel 2006 e uscito nel 2014 riferiva di vere problemi economici sanabili solo grazie alla loro azione estorsiva sull’imprenditore di Alcamo, titolare dell’appalto presso il campo sportivo.

Concludeva inoltre, affermando che la necessità e l’urgenza di ottenere questi illeciti guadagni, non era solo sua, ma era diffusa a tutti gli affiliati, iniziando proprio dallo zio Bernardo Provenzano ed il suo nucleo familiare, al quale quindi sarebbe sicuramente spettata una parte di questi proventi.

“Non ti dico che… deve riuscire per forza. – dice Gariffo – Ma ci dobbiamo provare. Ci dobbiamo provare per tante ragioni. Una perché sono… azzerato completamente. E poi penso perché ci sia bisogno, non sono il solo ad avere il bisogno ma ce ne sono assai bisogno, il primo iniziando da mio zio e mio zio, certe cose, non se le merita..»

 

“L’operazione  nel corleonese Grande Passo 4 fa emergere alcuni elementi che caratterizzano il localismo mafioso con il tentativo di ricambio generazionale. Ai vertici ci sono sempre cognomi blasonati. Il territorio è la forza di questa organizzazione che si fa sistema e che pretende di controllare ogni cosa, dal più piccolo degli appalti alle contese ereditarie. Un localismo da difendere come un fortino assediato e che mostra qualche elemento disgregante. Un grande aiuto infatti, nel corso delle indagini, è giunto dalla rete sociale costituita da Addiopizzo che assieme ai carabinieri si è spesa per la crescita di questa rete che ha consentito di raccogliere la collaborazione di diversi imprenditori che hanno ammesso di avere pagato il pizzo”.

Lo ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Palermo, Giuseppe De Riggi, nel corso della conferenza stampa dell’operazione “Grande passo 4″. Invito tutti i cittadini a fare riferimento ai Carabinieri o all’associazione Addiopizzo per denunciare eventuali soprusi da parte di appartenenti a Cosa nostra, come le richieste di pizzo”.

E’ l’appello lanciato dal tenente colonnello Mauro Carrozzo, neo Comandante del Reparto operativo dei Carabinieri di Palermo.  “Questa è la decima operazione antimafia nel territorio – ha aggiunto Carrozzo – Spero che questo dia maggiore coraggio agli imprenditore vessati a seguire l’esempio dei colleghi che hanno consentito di fare luce su diverse estorsioni nel corleonese”.