Un inedito Palazzo reale di Palermo, per una sera trasformato in “palcoscenico” di una pièce teatrale “La Sicilia come metafora, omaggio a Leonardo Sciascia” che ha gettato una luce “straniante” sulla più alta sede delle istituzioni regionali.

Altrettanto inedita Patrizia Monterosso, direttore della Fondazione Federico II, commossa al termine della rappresentazione, nell’abbraccio con l’attrice Pamela Villoresi, in un incontro che non sa di retorica, ma di speranza per una Sicilia “fimmina” che ha in sé e nei suoi tanti autori letterari i germi per un futuro di speranza.

Un’iniziativa voluta con convinzione dal presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè. Un clima di commozione generale si respirava nella sala Mattarella, gremita di un pubblico attento e coinvolto. La pièce, dunque, è un viaggio antologico teatrale che trova la chiave di volta in Leonardo Sciascia, intorno a cui si snodano, in una girandola di citazioni tratti da testi noti e meno noti, Pirandello, Vittorini, Quasimodo, Buttitta, Bufalino e Consolo.

Un percorso che ha rivissuto i grandi temi d’inquietudine del Novecento, esemplati in Sicilia in una drammaticità resa “assoluta” dalla sua insularità, geografica ed esistenziale. Ai testi, si è intervallata la musica.

Una disperazione e una paura in cui fanno capolino le lucciole, riesumate da Sciascia nel testo “L’affaire Moro, Pasolini e la scomparsa delle lucciole”; allegoria di un mondo perduto.

Sotto la meravigliosa volta di sala Mattarella sono risuonate parole e citazioni taglianti e penetranti; solo per fare qualche esempio, sulla ragione spinta fino al parossismo “nevrosi della ragione, di una ragione che cammina sull’orlo di una non ragione”; sull’amore verso la Sicilia “misteriosa, implacabile, vendicativa, bellissima”, come una donna; sulla sua intrinseca tragicità “tutti i siciliani hanno un senso tragico dell’esistenza”.

“Le lucciole – ha sottolineato Monterosso – rappresentano non soltanto la luce che rischiara l’oscurità della notte, ma anche l’aria pulita e incontaminata senza la quale non possono vivere. Abbiamo il dovere di ricreare le condizioni affinchè le lucciole tornino nel nostro mondo, con tutto il bagaglio di positività che rappresentano”.

“La Sicilia come metafora” è stato prodotto dal Teatro Biondo e dalla Fondazione Federico II, curato da Michele Di Martino e le musiche di Luciano Vavolo con la partecipazione straordinaria di Pamela Villoresi, con gli allievi della “Scuola dei mestieri e dello spettacolo” del teatro Biondo, diretta da Emma Dante; Luciano Vavolo, flauto e chitarra; Nicola Innocenti, clarinetto; il coordinamento artistico di Antonio Silvia, il coordinamento organizzativo degli allievi, Claudio Zappalà.

“La nostra scuola – ha detto Pamela Villoresi – sarà agganciata al Dams e sarà la prima in Italia ad avere validità di un corso di laurea triennale. Sarà a numero chiuso per 25 studenti”.

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