Il giudice per l’udienza preliminare Claudio Emanuele Bencivini ha rinviato a giudizio il sindaco di Casteldaccia, Giovanni Di Giacinto, l’architetto Maria De Nembo e il proprietario della villetta Antonino Pace per la tragedia che il 3 novembre del 2018 aveva provocato la morte di nove persone.  Nonni, zii, cugini, tra i quali due bambini di uno e tre anni.

Doveva essere una gran festa, è finita in tragedia. L’imputazione è di omicidio colposo per tutti e tre. L’rchiviazione per non aver commesso il fatto è stata decisa per il sindaco pro tempore dal 2013 al 2018 Fabio Spatafora, Rosalba Buglino, Alfio Tornese e Michele Cara Pitissi, tutti e tre dell’ufficio comunale con competenze in materia di sanatoria o condono edilizio. Archiviazione anche per  Concetta Scurria, moglie di Pace. Le famiglie delle vittime sono difese dagli avvocati Carmelo Adamo, Antony De Lisi, Barbara Mistretta, Maria Valentina Morgana e Enrico Tignini.

Quel giorno era prevista un’allerta rossa e la villetta fu invasa da una massa di acqua e fango che non lasciò scampo ai nove componenti del nucleo familiare in contrada Dagali di Cavallaro. L’indagine dei carabinieri è stata coordinata dal procuratore capo di Termini Imerese Ambrogio Cartosio e dai sostituti Luisa Vittoria Campanile e Carmela Romano.

Quella notte si salvarono solo in quattro: Giuseppe Giordano, commerciante di moto che aveva affittato quella villetta vicino al fiume Milicia e che si aggrappò a un albero, il cognato Luca Rughoo e le loro due figlie di 11 e 12 anni che erano andate con lo zio a comprare i dolci. Quella villetta risultò abusiva e con un provvedimento di demolizione dopo l’alluvione del 2009. Ma nessuno fece niente.

 

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