Il Rettore dell’Università degli Studi di Palermo, prof. Fabrizio Micari, ha conferito la Laurea honoris causa in “Musicologia e Scienze dello Spettacolo” a Moni Ovadia, attore, regista e musicista per “la centralità dell’esperienza del canto e della musica nella sua creazione artistica; per l’estrema consapevolezza ed originalità della sua proposta teatrale e musicale; per aver favorito la conoscenza in Italia della musica e cultura yiddish e per il suo impegno sociale anche nel ricordare senza retorica la tragedia della Shoah”.

Agli indirizzi di saluto del Rettore, prof. Fabrizio Micari e del Direttore del Dipartimento di Scienze Umanistica, prof.ssa Francesca Piazza, sono seguite la lettura della motivazione della Coordinatrice del Corso di Laurea magistrale in Musicologia e Scienze dello Spettacolo, prof.ssa Anna Tedesco, e la laudatio del docente di Antropologia della musica, Sergio Bonanziga.

Moni Ovadia ha poi tenuto la lectio magistralis “In cammino per il canto”.

Questa la motivazione del conferimento della laurea honoris causa:

“Moni Ovadia è una delle personalità di maggior rilievo e di più spiccata originalità della scena teatrale italiana contemporanea. Nato a Plovdiv in Bulgaria nel 1946 da una famiglia ebraico-sefardita che si trasferì in Italia dopo pochi anni dalla sua nascita, Salomone Ovadià detto Moni Ovadia, dopo studi umanistici e una laurea in Scienze sociali,
comincia a dedicarsi al teatro all’inizio degli anni Ottanta, dapprima collaborando con artisti notevolissimi quali Thierry Salmon (nei Demoni) e Franco Parenti, e poi creando un suo specifico “teatro in musica”, a partire dallo spettacolo Dalla sabbia dal tempo (1987, scritto con Mara Cantoni), una riflessione sull’identità ebraica. Tra le personalità che hanno pesato sulla formazione dell’artista da giovane vorrei nominare anche il grande etnomusicologo italiano Roberto Leydi, col quale Ovadia incise il suo primo disco, Canti popolari italiani.
Delle sue numerose e diversissime creazioni (che gli hanno valso il premio Ubu per la sperimentazione su teatro e musica nel 1996, il premio De Sica per il teatro, 2010, nonché il riconoscimento del festival Dedica di Pordenone nel 1998), si possono ricordare Golem (1991, con Daniele Abbado), La ballata di fine millennio (1996), Cabaret Yiddish (1992),
Dybbuk (1995), Il caso Kafka (1997), Mame, Mamele, Mama. Il crepuscolo delle madri (1999), il musical Il musicista sul tetto (2002), Oylem Golem (2003/2007), Le storie del Signor Keuner di Bertolt Brecht (2006), Shylock: Il Mercante Di Venezia In Prova (2009), AdessOOdessa (2013) fino alla recentissima rielaborazione di Liolà di Pirandello e Dio ride (Nish Koshe) (2018).
Nel suo teatro che — come ha scritto, «viene dal canto e ancor prima dal suono» — si coniugano la ricerca storica ed etnomusicologica (in particolare in relazione alla cultura yiddish e alla musica klezmer), l’impegno sociale e politico, un forte senso dello humor di matrice ebraica (il witz) e le esperienze teatrali d’avanguardia del Novecento, come quelle di Carmelo Bene o di Tadeusz Kantor, da lui stesso citati come modello. Ovadia è drammaturgo, attore, regista, cantante e compositore dei suoi lavori che costituiscono un unicum particolarissimo sulle scene italiane, anche per la presenza costante di un’orchestra fondata nel 1990 e oggi chiamata Moni Ovadia Orchestra.
La sua poliedrica attività tuttavia non si ferma al teatro ma prosegue con la scrittura saggistica, il giornalismo, lo studio della mistica ebraica e dell’umorismo ebraico, la partecipazione a film, la direzione del Mittelfest (2004-2008), del Teatro di Marsala (2016/17) e del Teatro Comunale di Caltanissetta. Mi piace inoltre ricordare la sua collaborazione con artisti siciliani, a partire da Roberto Andò (col quale ha realizzato quattro spettacoli), Enrico Stassi, Andrea Camilleri fino al più giovane Mario Incudine, e i suoi spettacoli nati in terra di Sicilia, come Ultima forma di libertà, il silenzio (per le Orestiadi di Gibellina nel 1993), Diario ironico dall’esilio (una co-produzione CRT – Artificio Milano e Teatro Biondo del 1995), Anime migranti (2015), Il casellante (2016) e il già citato Liolà.
Il Consiglio del corso di studi propone di conferirgli la laurea in Musicologia e Scienze dello Spettacolo (e specificamente nella classe LM-45 Musicologia e beni musicali), per la centralità dell’esperienza del canto e della musica nella sua creazione artistica; per l’estrema consapevolezza ed originalità della sua proposta teatrale e musicale; per aver favorito la conoscenza in Italia della musica e cultura yiddish e per il suo impegno sociale anche nel ricordare senza retorica la tragedia della Shoah”.

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