Il capomafia ha continuato a comandare anche dal carcere e una volta scarcerato ad inizio del 2020 è tornato a prendere le redini del mandamento. Proprio come sette giorni fa con l’operazione Teneo che ha portato in carcere i vertici del clan di San Lorenzo a Palermo, i carabinieri del comando provinciale di Palermo stanno eseguendo un provvedimento di fermo per 11 persone tra vecchi e nuovi capi e gregari nel mandamento di San Mauro Castelverde regno incontrastato della famiglia Farinella.

Il nonno Giuseppe morto in carcere nel 2017, il figlio Domenico che in carcere era appena uscito nel 2020 dopo una lunga detenzione e il nipote Giuseppe che ha gestito le sorti di una grande fetta di territorio tra le province di Palermo e Messina. “Qua nessuno si pente compà, San Mauro numero uno, perché mi voglio vantare, San Mauro è Corleone”, dicevano intercettati.

Le persone fermate nell’operazione Alastra, dal nome di un fiore chiuso e imprenetrabile, sono accusate a vario titolo di associazione mafiosa estorsione, trasferimento fraudolento di beni, corruzione, atti persecutori, furto aggravato e danneggiamento, in Sicilia, Lombardia e Veneto.

Nel corso dell’operazione i carabinieri, coordinati da un pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca, hanno fatto luce, in base allenrisultanze accusatorie, sulle dinamiche criminali del mandamento mafioso di San Mauro Castelverde, che, all’indomani dell’operazione “Black Cat” del 2016, ha serrato le fila ed ha continuato ad operare sul territorio, imponendo il proprio potere.

Numerose le estorsioni ai danni dei commercianti locali documentate dai militari, così come l’organizzazione di una efficientissima rete di comunicazione necessaria agli storici capi mafia detenuti per mantenere il comando degli associati liberi e continuare a strangolare imprese e società civile. Le attività hanno consentito di evidenziare il ruolo ricoperto da Giuseppe Farinella, figlio di Domenico Farinella, boss di cosa nostra all’epoca detenuto a Voghera (Pv) in regime di alta sicurezza. Il sistema di controllo ha permesso al capo mafia detenuto di mantenere il controllo del mandamento.

Nonostante la giovane età, figlio ha avuto il compito di coordinare gli altri membri, cooperando con uno storico mafioso di Tusa (Me), Gioacchino Spinnato, che, ben radicato nell’organizzazione di cosa nostra, ha gestito i contatti con gli uomini d’onore degli altri mandamenti, fra i quali Filippo Salvatore Bisconti, già capo del mandamento mafioso di Belmonte Mezzagno, ora collaboratore di giustizia.

Grazie all’attività di indagine e alla fondamentale collaborazione degli imprenditori vessati, sono state infatti ricostruite 11 estorsioni, 5 consumate e 6 tentate. Alle vittime era imposto di pagare il pizzo o di acquistare forniture di carne da una macelleria di Finale di Pollina gestita da Giuseppe Scialabba, braccio destro di Giuseppe Farinella. I tentacoli del mandamento si erano allungati anche sull’organizzazione dell’Oktoberfest del 2018 a Finale di Pollina, quando, per impedire la partecipazione alla sagra di un commerciante che non si era piegato alle imposizioni del clan, gli indagati non avevano esitato a devastargli lo stand.

Con la libertà, nell’aprile 2019, Domenico Farinella ha deciso di concentrare nelle sue mani il vertice del sodalizio e ha ordinato agli associati liberi di intensificare la presenza sul territorio, avviando una nuova spirale di estorsioni ai danni dei commercianti. Preziose, in questo senso, sono state le testimonianze delle vittime che, ribellandosi al sistema criminale, hanno trovato il coraggio di denunciare di iniziativa e di collaborare con i carabinieri.

Le indagini hanno consentito di evidenziare anche la capillare e asfissiante influenza dell’organizzazione mafiosa sul tessuto economico non soltanto attraverso l’imposizione del pizzo, ma anche attraverso la sensaleria negli affari dei privati e per mezzo della gestione diretta di attività di impresa che, fittiziamente intestate a soggetti incensurati, erano nei fatti amministrate dagli indagati.

Per cercare di non avere problemi con la giustizia Giuseppe Farinella ed Giuseppe Scialabba avrebbero intestato a prestanomi un centro scommesse di Palermo e una sanitaria di Finale di Pollina, sottoposti a sequestro, del valore di un milione di euro.

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