Il sequestro di un deposito di ferro e materiali pericolosi alla Guadagna. La possibile soffiata agli agenti di polizia e il post dell’articolo pubblicato su Facebook.

Basta questo a Palermo per scatenare una guerra tra famiglie finita ieri sera con uno o due colpi di arma da fuoco al volto.

Il fermato lo zio Alfonso Vela, 43 anni, difeso dall’avvocato Raffaele Bonsignore, avrebbe ucciso il nipote Dino Salvato, 29 anni per futili motivi. Ieri attorno alle 20. 40 il diverbio tra zio e nipote.

Dino Salvato arrivato a bordo di una Smart, era insieme ad un altra persona testimone importantissimo per ricostruire il delitto.

Prima una discussione. L’ennesima di questi giorni dopo il sequestro di un magazzino di ferro vecchio. Vola anche qualche schiaffo.

Poi spunta la pistola calibro 22 con la matricola abrasa. Uno o due colpi, lo stabilirà l’autopsia, sparati da vicino.

La ferita alla testa tanto vasta che fino a notte fonda ha fatto pensare al medico legale che il giovane fosse stato colpito con un bastone.

Lo zio dopo avere sparato è fuggito. I familiari hanno cercato di inquinare le prove. E’ stata spostata l’auto allontanandola dalla casa di Vela. Non sono riusciti a spostare il corpo perché sono arrivati gli agenti a bordo delle volanti.

“Abbiamo ritrovato l’arma grazie alle indicazioni che ci ha fornito Vela – dice Rodolfo Ruperti Capo della squadra mobile di Palermo – Abbiamo cercato Vela per tutta la notte. Poi si è costituito. Ha capito che era ricercato. Alla fine nel corso dell’interrogatorio ha confessato il delitto”.

Dino Salvato il giovane di 29 anni ucciso in Fondo Picone ieri sera a Palermo. Le indagini sono state condotte dalla Squadra Mobile.

È stata necessaria una seconda ispezione cadaverica per accertare la morte del giovane. Ancora la scorsa notte il medico legale non aveva stabilito che la morte era stata provocata da un colpo d’arma da fuoco. Non è stato trovato il foro di uscita del proiettile.

Adesso si attenderà la tac e l’autopsia disposta dal pm.