Roberta Siragusa, la ragazza di 17 anni uccisa a Caccamo la notte tra il 23 e il 24 gennaio del 2021, prima di essere data alle fiamme era stata colpita al volto più volte in modo violento. Tramortita con diversi pugni. Tanto che sono numerose le ferite riscontrate dai periti delle parti civili e della procura durante l’autopsia.

Nell’auto come accertato dai carabinieri del Ris di Messina sono state trovate tracce di sangue sia di Roberta che di Pietro Morreale, il giovane condannato all’ergastolo dalla seconda sezione della Corte d’Assise di Palermo. E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza. Le indagini sono state condotte dai carabinieri di Termini Imerese e coordinate dal pm Giacomo Barbara della procura di Termini. Gli avvocati dei familiari Giovanni Castronovo, Maria La Verde, Sergio Burgio e Giuseppe Canzone.

Dopo essere stata tramortita Roberta Siragusa è stata distesa sul terreno nei pressi del campo sportivo di Caccamo. Si era in piena pandemia e Morreale, secondo quanto ricostruito nel corso del processo, sapeva bene che a quell’ora non ci sarebbe stato nessuno in quella zona isolata dove si era appartato con Roberta con la scusa di consumare un rapporto sessuale.

A riprendere la scena del delitto le telecamere di un locale che si trova nel pressi del campo di gioco. Il corpo di Roberta era rannicchiato. Non è possibile stabilire se la ragazza avesse fatto finta di essere morta per cercare di salvarsi. Ma Monreale, come stabilisce la sentenza, aveva chiaro già il progetto di ucciderla. Aveva con sé da qualche giorno in auto una bottiglia di benzina.

Ad un amico aveva detto che tra qualche giorno leggerai la notizia sui social di un giovane che si è dato fuoco. Il rogo che ha avvolto il corpo di Roberta Siragusa è stato uno dei temi centrali del processo. Per la difesa è stata Roberta a versarsi la benzina e darsi fuoco. Per l’accusa è stato Pietro ad ucciderla. Per la procura le avrebbe dato fuoco attorno alle 2 e 9 minuti, il sistema d video sorveglianza era avanti di dieci minuti.

Quella notte nel filmato ripreso dalle telecamere e vivisezionato nel corso del processo si vede una sfera di fuoco che si alza e dopo 27 secondi cade a terra percorre 30 metri. Per la procura è la ragazza che poi cade e continua a bruciare per sei minuti. Per i giudici ad accendere l’innesco è stato Pietro Morreale. Non si vede quando parte perché è nascosto da un muretto.

Una ricostruzione che combacia con quella fatta dal comandante della sezione chimica esplosivi infiammabili del Ris. Tracce dell’innesco sul corpo di Roberta non ce ne erano. Se fosse stata le a darsi fuoco sarebbe rimasta qualche traccia sul corpo. Dopo essersi allontanato più volte dal corpo di Roberta solo attorno alle 3 e 39 Pietro avrebbe abbandonato il corpo gettandolo a Monte Rotondo e tornando a casa come se nulla fosse successo.

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