• Operazione antimafia Gordio e Parsiniqua
  • Colpo al mandamento mafioso di Partinico
  • Maxi inchiesta sullo spaccio e il traffico di droga e i Fardazza.

Nuovo colpo al mandamento di Partinico. Dalle indagini emergerebbe la conferma nelle operazioni Gordio dei carabinieri e Parsiniqua della Dia che la mafia conta molto sul traffico e sullo spaccio di stupefacenti per potere continuare a esercitare il predominio nel territorio.

Nelle prime ore di oggi, nella provincia palermitana ed in più regioni del territorio nazionale, la direzione distrettuale antimafia di Palermo ha delegato il comando provinciale di Palermo e la direzione investigativa antimafia per l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 85 indagati, 63 in carcere, 18 agli arresti domiciliari e 4 sottoposti ad obblighi di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, reati in materia di armi, droga, estorsione e corruzione.

I militari del comando provinciale dei carabinieri di Palermo, col supporto di unità cinofile, del nucleo elicotteri e dello squadrone cacciatori di Sicilia, ha eseguito i provvedimento nelle province di Palermo, Trapani, Latina, Napoli, Roma e Nuoro dando esecuzione a 70 dei provvedimenti cautelari complessivi 3 per associazione mafiosa uno per concorso esterno in associazione mafiosa, e sgominato 5 organizzazioni finalizzata al traffico di stupefacenti e reati fine delle organizzazioni individuate.

I componenti delle organizzazioni sono accusati di produzione di marijuana e traffico di stupefacenti, marijuana, cocaina e hashish, ma anche reati in materia di armi e contro la pubblica amministrazione quale ad esempio la corruzione di un agente della polizia penitenziaria in servizio presso il carcere Lorusso di Pagliarelli di Palermo. La direzione investigativa antimafia, nelle province di Palermo, Trapani, Roma, Milano, Reggio Calabria e Cagliari, ha arrestato quattordici persone, dieci portare in carcere e quattro agli arresti domiciliari e ne ha sottoposta una all’obbligo di dimora nel comune di residenza e di presentazione alla p.g., indagate, a vario titolo, per il reato di associazione finalizzata alla coltivazione, alla produzione ed al traffico illeciti di sostanze stupefacenti.

Il ruolo della collaboratrice di giustizia Giusy Vitale

L’indagine avviata dalla compagnia di Partinico nel novembre 2017, avrebbe fatto emergere il ruolo egemone della famiglia Vitale, i Fardazza, nel mandamento di Partinico.

Tra questi spiccherebbe l’attività di Giusy Vitale, in passato reggente del mandamento mafioso e poi collaboratrice di giustizia non sottoposta a programma di protezione. Giusy, insieme alla Antonina e al figlio di quest’ultima Michele Casarrubia si sarebbe occupata di garantire l’approvvigionamento della cocaina per il controllo del traffico e dello spaccio di droga nel mandamento di Partinico.

Nel novembre 2018, Michele Casarrubia si era recato a Roma per trattare l’acquisto di un ingente quantità di cocaina con Consiglio Di Guglielmi noto come “Claudio Casamonica”, uomo al vertice dell’omonimo clan romano, poi deceduto per Covid. All’incontro, interamente registrato, partecipa tra gli altri anche l’allora collaboratrice di giustizia Giusy Vitale, destinataria oggi della misura cautelare in carcere, per essersi approvvigionata di un quantitativo di cocaina da fornitori “calabresi” di Milano e Bergamo. Le conversazioni registrate tra la Vitale ed il nipote Casarrubia hanno messo in luce l’ausilio fornito da Giusy al nipote. Una prova secondo quanto si legge nell’ordinanza di come sia “pertanto assolutamente chiaro come la donna non si sia dissociata dall’ambiente criminale in genere e da cosa nostra partinicese in particolare”.

Nell’ordinanza del gip si dice che “tale ultimo aspetto [la mancata dissociazione, n.d.r] emerge in maniera chiara nel corso di una conversazione registrata nel dicembre 2018 quando la Vitale, dopo aver ascoltato quanto riferitole dal nipote in ordine al comportamento tenuto dal cugino Michele Vitale, 53 anni, nei confronti di Salvatore Primavera, commenta la convocazione del Vitale da parte di appartenenti a cosa nostra partinicese evidenziando la normalità della procedura pienamente conforme alla regola. La conversazione è stata registrata in occasione di un ulteriore incontro tra Giusy Vitale ed il nipote, avvenuto nel dicembre 2018 sempre a Roma. Nella circostanza, Casarrubbia, nell’informare la zia delle dinamiche criminali in atto nella città di Partinico, le riferisce che, a seguito di un furto di marijuana commesso dal cugino Michele Vitale nei confronti di Salvatore Primavera, il primo è stato “chiamato”: la notizia non sorprende la donna che ritiene anzi l’iniziativa assolutamente fisiologica perché conforme alle regole di cosa nostra.

I vertici delle organizzazioni

L’inchiesta iniziata dal compagnia di Partinico e d’intesa con il nucleo investigativo del Gruppo di Monreale sono partite dalle presunte attività tra Ottavio Lo Cricchio, imprenditore, partinicese attivo nel settore vinicolo, e Michele Vitale 53 anni, esponente della famiglia Vitale i “Fardazza” storicamente egemone in seno al mandamento mafioso. Sono andate avanti per due anni.

Le contestazioni per associazione mafiosa è stata avanzate dagli inquirenti nei confronti di Nicola Lombardo, Nunzio Cassarà e Michele Vitale, 54 anni mentre il concorso esterno di Giuseppe Tola. Lombardo, Cassarà e Vitale, 54 anni, sarebbero i promotori di 2 delle 5 organizzazioni criminali individuate è stata ipotizzata l’appartenenza a cosa nostra partinicese declinata attraverso le tradizionali forme di intermediazione parassitaria sia nel controllo di attività commerciali ed imprenditoriali, che nella risoluzione di controversie private, ricorrendo talvolta ad allarmanti condotte minatorie e violente.

Nicola Lombardo è il genero dello storico capo-mandamento di Partinico Leonardo Vitale, 66 anni nonché già condannato in via definitiva per associazione mafiosa nel procedimento penale noto come “Terra Bruciata”, operazione del 2004.

Nel corso delle indagini Lombardo sarebbe stato più volte individuato quale figura deputata alla risoluzione di controversie tra privati occorse sul territorio, esprimendo così il suo prestigio criminale derivante dal suo inserimento organico nella famiglia mafiosa di Partinico.

Nell’agosto del 2017 quando un cittadino partinicese si sarebbe rivolto a Lombardo tramite Nunzio Cassarà per chiedergli di prendere provvedimenti contro un operatore del servizio di sicurezza di una discoteca di Balestrate. Quest’ultimo – a dire dell’uomo che interpella Lombardo senza denunciare alle autorità il presunto responsabile – avrebbe malmenato il proprio figlio la notte di Ferragosto procurandogli 30 giorni di prognosi.

In un’altra circostanza, è stato documentato l’intervento di Lombardo in una controversia tra due imprenditori locali scaturita dalla violazione degli accordi per la concessione d’uso di alcune macchinette del caffè. L’influenza mafiosa sul territorio si sarebbe manifestata inoltre in occasione del recupero di un mezzo agricolo rubato ad un sodale del gruppo criminale, nonché per l’ottenimento di un risarcimento in favore di un agricoltore le cui colture erano state danneggiate dal pascolo di animali condotti da un pastore.

Infine, Lombardo sarebbe stato chiamato in causa per l’individuazione dei responsabili di un furto commesso all’interno di un esercizio commerciale gestito da cittadini di nazionalità cinese.

Nunzio Cassarà, secondo le indagini dei carabinieri, oltre ad aver coadiuvato stabilmente Lombardo nell’esercizio del controllo mafioso del territorio, ha mantenuto i rapporti con Francesco Nania, arrestato per associazione mafiosa nel febbraio 2018 perché individuato quale referente della famiglia di Partinico.

Le comunicazioni di Nania verso l’esterno sarebbero state inoltre favorite da Giuseppe Tola, titolare di un’agenzia immobiliare di Partinico, il quale ha messo a disposizione di cosa nostra quale propria fidata risorsa un’agente della polizia penitenziaria di Palermo in servizio presso il carcere Pagliarelli.

L’agente, cui verrà contestato il reato di corruzione aggravata, avrebbe favorito Nania rendendo possibili scambi epistolari dal carcere, nonché avrebbe rivelato agli indagati informazioni relative all’organizzazione della struttura carceraria al fine di ostacolare le attività di indagine e di intercettazione.

I servizi resi dall’agente, secondo quanto accertato dalle indagini, sarebbero stati retribuiti da Tola con consegna di regalie varie: generi alimentari (ricotta, arance, carne di capretto), capi di abbigliamento (felpe, tute), il lavaggio mensile dell’auto e l’acquisto di carburante ad un prezzo inferiore a quello di mercato.

Le ingerenze nell’amministrazione comunale di Partinico, sciolta per condizionamento mafioso nell’estate 2020

Nel luglio 2020, il Consiglio Comunale di Partinico è stato sciolto con decreto ministeriale su proposta della Compagnia Carabinieri di Partinico per ritenuti condizionamenti mafiosi dell’attività amministrativa. Il provvedimento ha riguardato esclusivamente Consiglio Comunale poiché nel maggio 2019 il Sindaco aveva già rassegnato le proprie dimissioni con conseguente decadimento della Giunta.
Come precisato, le attività di indagine da cui è scaturito questo provvedimento cautelare hanno interessato il biennio 2017/2019 consentendo di registrare indirettamente parte delle dinamiche amministrative e documentare aderenze tra alcuni degli indagati e diversi politici locali: tali acquisizioni sono state valorizzate anticipatamente d’intesa con l’autorità giudiziaria per promuovere l’accesso ispettivo insieme ad altri elementi rilevati da altre indagini.

Le indagini della Dia 

La Direzione Investigativa Antimafia, nelle province di Palermo, Trapani, Roma, Milano, Reggio Calabria e Cagliari, ha arrestato quattordici persone (dieci tradotte in carcere e quattro agli arresti domiciliari) e ne ha sottoposta una all’obbligo di dimora nel comune di residenza e di presentazione alla p.g., indagate, a vario titolo, per il reato di associazione finalizzata alla coltivazione, alla produzione ed al traffico illeciti di sostanze stupefacenti.

Gli indagati sono Giuseppe Accardo 28 anni, Pietro Canori 71 anni, Vincenzo Cusumano 78 anni, Marco Antonio Emma 40 anni, Giuseppe Gaglio 42 anni, Salvatore Leggio 43 anni, “Mustafà” Rachid Madmoune 46 anni, Maria Rita Santamaria, 55 anni, Giuseppe Toia 48 anni, Antonino Tranchida, 35 anni, e Michele Vitale, 29 anni quest’ultimo figlio del noto Vito Vitale “fardazza”, esponente di spicco dello schieramento corleonese di cosa nostra, catturato nel 1998 dopo un lungo periodo latitanza, sta scontando la pena dell’ergastolo), nonché per specifici reati concernenti gli stupefacenti (attribuiti, oltre che ai predetti, a Gianluca Carbonaro, 48 anni, Michele Grasso 40 anni, Rocco Pesce 50 anni). Leggio è anche accusato, insieme a Michele Vitale, 53 anni, di tentata estorsione. Tutti i delitti contestati sono aggravati dall’agevolazione a cosa nostra o ‘ndrangheta.

I provvedimenti scaturiscono dalle investigazioni che, avviate dalla Dia sin dal mese di marzo 2018 nell’ambito dell’operazione Pars Iniqua, hanno consentito di definire assetti ed operatività di un’articolata consorteria criminale, riconducibile al casato mafioso dei Vitale “fardazza” di Partinico (PA), capace di coltivare e produrre, in quel territorio, ingentissime quantità di sostanza stupefacente del tipo marijuana, nonché di gestire un vasto traffico di droghe, approvvigionandosi, per quanto riguarda la cocaina, dalla ‘ndrina dei Pesce di Rosarno (RC), cui appartengono Pesce ed Grasso, e da Canori, noto narcotrafficante romano che già nel 2021 era stato catturato in Spagna, ove trascorreva la latitanza perché ricercato sempre per reati concernenti gli stupefacenti e per questo allora inserito nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi in campo nazionale.

Con quest’ultimo, in particolare, i sodali avevano convenuto di riferirsi, nelle loro comunicazioni, a compravendite di vini per dissimulare quelle di droga.
Nel corso delle indagini – che hanno preso spunto dal tentativo di Leggio e di Michele Vitale, 53 anni, di imporre, a nome dei “fardazza”, ad un imprenditore partinicese di affittare dei locali ad operatori economici alcamesi con i quali era in affari solo dietro il pagamento di un “pizzo” – la Dia ha effettuato più sequestri di cospicui quantitativi di sostanze stupefacenti.

In particolare, il 10 ottobre 2018, nelle campagne di Partinico, si rinveniva, prima, in contrada Suvaro, un sito di stoccaggio ove era in essicazione una gran quantità di marijuana, e subito dopo, in contrada Milioti, una vasta piantagione di circa 3.300 piante di cannabis indica, nonché due capannoni ove era in essiccazione un altro ingente quantitativo di marijuana.
Complessivamente, circa sei tonnellate di sostanza stupefacente, in parte già pronta per essere immessa nel “mercato”.

Le cinque organizzazioni finalizzate al traffico di stupefacenti:

Le indagini – che non hanno beneficiato del contributo delle dichiarazioni di alcun collaboratore di giustizia – hanno permesso  di documentare l’operatività di 5 associazioni finalizzate al traffico ed alla produzione di stupefacenti che sarebbero state guidate da indagati per mafia.

Gruppo promosso e diretto da Michele Vitale, 53 anni
19 destinatari di provvedimento cautelare di cui 4 ( Michele Vitale, 53 anni, Ottavio Lo Cricchio, Giuseppe Lombardo, Pietro Virga) a cura dell’arma dei Carabinieri.

Gruppo promosso e diretto da Michele Casarrubia e dalla madre Antonina Vitale
7 destinatari di provvedimento cautelare: Michele Casarrubia, Antonina Vitale, Leonardo Casarrubia (coniuge di Antonina Vitale), Tiziana Vaccaro (coniuge di Michele Casarrubia), Claudio Bommarito, Roberta La Fata (compagna di Michele Casarrubia) e Vincenzo Palumbo;

Gruppo promosso e diretto da Nicola Lombardo e Nunzio Cassarà
7 destinatari di provvedimento cautelare: Nicola Lombardo, Nunzio Cassarà, Calogero Sicola, Roberto Lunetto, Ignazio La Fata, Filippo Vitale, Vincenzo Ferreri;

Gruppo promosso e diretto dai fratelli Maurizio Primavera e Antonino Primavera
6 destinatari di provvedimento cautelare: Maurizio Primavera, Antonino Primavera, Federico Daniel Purpura, Giuseppe Imperiale, Biagio Imperiale e Simone Purpura.

Gruppo promosso e diretto dai fratelli Gioacchino Guida e Raffaele Guida, nonché da Massimo Ferrara e Angelo Cucinella
18 destinatari di provvedimento cautelare: Gioacchino Guida, Raffaele Guida, Massimo Ferrara, Angelo Cucinella, Maria Guida (sorella di Gioacchino e Raffaele), Salvatore Coppola 46 anni, Savio Coppola (fratello di Salvatore), Margherita Parisi (madre di Gioacchino Guida), Roberta Pettinato (compagna di Gioacchino Guida), Filippo D’Arrigo, Fabio Giacalone, Edoardo La Mattina, Marco Marcenò, Salvatore Primavera (fratello di Maurizio ed Antonino), Rosario Stallone, Vincenzo Messina, Gianvito Inghilleri, Riccardo Biagio Sanzone.

La organizzazioni rifornivano le piazze di spaccio,  della provincia di Trapani, dove, secondo le indagini dei carabinieri, operavano i referenti del “gruppo Guida”: Massimo Ferrara, Fabio Giacalone e Rosario Stallone;  della città di Palermo dove operava Edoardo La Mattina, referente del “gruppo Guida”;della provincia di Palermo dove operava a Carini Giuseppe Mannino, referente del “gruppo Casarrubia/Vitale”; delle città di Partinico, Borgetto, Trappeto, Balestrate, Camporeale e Montelepre dove i 4 “gruppi” capeggiati rispettivamente da Michele Vitale 68’, Casarrubia/Vitale Antonina Antonina, Lombardo/Cassarà e dai Primavera hanno espresso maggiore dinamicità e controllo domestico; ai costanti approvvigionamenti di cocaina dal basso Lazio tramite i corrieri Alessio Antonacci e  Stefano Carocci , referenti del “gruppo Guida”; di cocaina dalla Campania assicurati dal “gruppo Guida” in accordo con clan camorristici locali i cui interessi sono stati rappresentati dai fratelli Giovanni Visiello e Raffaele, esponenti dell’omonimo clan di Torre Annunziata, di hashish da Palermo tramite Marco Marcenò, referente del “gruppo Guida”.

Venti di guerra e la balcanizzazione degli scenari criminali partinicesi

La necessità di non compromettere i cospicui introiti garantiti dal traffico di stupefacenti su larga scala ha evitato l’esacerbazione dei contrasti tra i vari gruppi per la gestione territoriale dei flussi di traffico. Da questa esigenza la definizione di un precario equilibrio caratterizzato da una costante fibrillazione a media intensità che si è manifestata con numerosi danneggiamenti, spedizioni “punitive” ed atti incendiari riconducibili all’uno o all’altro sodalizio criminale, sempre in procinto di portare lo scontro ad un livello superiore. Al riguardo, come evidenziato dal gip nell’ordinanza cautelare in esame, è emersa “l’immagine di una vera e assai allarmante balcanizzazione degli scenari criminali partinicesi” che – ha precisato sempre l’Autorità Giudiziaria che ha adottato il provvedimento – consente di “presagire futuribili scenari di nuove e forse imminenti guerre di mafia nella provincia palermitana storicamente nota come tra le più attive nell’ambito criminale del traffico di stupefacenti”.

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